Baciami. – Se mai avvenga che le età future
Odano di questo nostro vincolo, può darsi
Che le leggi morali e del viver civile
Debbano biasimarci…ma non appena sappiano
Del nostro amore, basterà quello a cancellar l’orrore,
Che rende abominevoli gli incesti.(John Ford, Peccato che sia una puttana, 1630)
Chissà com’è, avere (avuto) tutti i numeri per diventare lo Sean Connery italiano ed essere finito nella casa del Grande Fratello.
VIP, d’accordo.
Evidentemente qualche numero mancava.
Del resto lo si capisce pure dal film, perché se un attore italiano non si doppia da solo, qualche problema ce l’ha, laddove Sean Connery è un artista completo, corpo, anima, voce e il resto.
(Fabio Testi è doppiato da Corrado Pani e mi sento di dire che la metà del suo fascino viene da questa voce altra. Da qui e da cui, il Grande Fratello. VIP, d’accordo).
Comunque l’attore veneto a trent’anni era sbalorditivo, anche come portamento.
E la recitazione era ottima.
Dietro c’è, evidentemente, un grande regista come Giuseppe Patroni Griffi, che si è dedicato prevalentemente al teatro (e si vede), ma che ha fatto anche incursioni nel cinema.
Comunque sbaglia, e sbaglia di grosso, la mia enciclopediola (enciclopediucola) di cinema, che definisce gli attori di Addio, fratello crudele «inadeguati o ridicoli», tutti tranne Charlotte Rampling e il film una «versione non soltanto mercantile, ma inetta» della tragedia di John Ford Peccato che sia una puttana, andata in scena a Londra nel 1630.
Castronerie, tutte, perché invece il film è bellissimo, raffinato, pieno di citazioni, un po’ astratto nella narrazione di sentimenti terribili, con delle magnifiche ambientazioni e abiti sontuosi, un po’ ruvidi, come è ruvida tutta l’atmosfera, gelida, con il fuoco sempre acceso nel camino e la campagna del nord Italia, intirizzita e spoglia.
Certi critici sono veramente irritanti, casomai dovrebbero riflettere un momento prima di distruggere un film pieno di elementi squisiti.
Ma non sono bastati la fotografia di Vittorio Storaro, le musiche di Ennio Morricone, i costumi di Gabriella Pescucci.
Chissà com’è che, di botto, tutti questi grandi professionisti, nel pieno della loro attività, prendono una cantonata collettiva e si sbagliano.
Infatti, non si sono sbagliati per niente.