CARTOLINE DAL PONTE, 3: LA RESURREZIONE E LA TOMBA DEL FORNAIO

La tomba del fornaio Eurisace

Ieri l’ho lavata.
Il giorno prima il mio garagista, quello che mi usa centinaia di cortesie ed è l’unica persona al mondo che mi fa domande personali (alle quali io rispondo sempre mentendo. Ma la cosa importante è che lui domandi e che io risponda), le ha gonfiato le gomme.
E oggi ho rimesso su pista la mia bicicletta, una bellissima Lazzaretti nera a sette marce.
Fedeltà del veicolo. Se avessi lasciato ferma la macchina un anno, non sarebbe ripartita.
La bicicletta no, tutto in ordine, freni, catena, luci, pure il campanello aveva la voce di sempre.
E me ne sono andata a spasso, in un tempo perfetto, cocoon, né freddo, né caldo, peccato il traffico, sempre ingombrante.
E ho fatto quello che volevo fare da un pezzo: sono andata alla tomba del fornaio.
Per prima cosa, la porta.
In travertino e a due fornici, porta Maggiore domina la piazza che da essa prende il nome e le dà il suo carattere inconfondibile: una cosa che più romana di così non si può.
Quando dico una cosa romana, dico potenza, acqua, audacia di tracciare nuovi percorsi e nuove strade. E dico mura e porte.
Le porte, in realtà, erano due e da esse uscivano le vie Prenestina e Labicana, oggi Casilina.
Esse erano state ricavate dagli archi di due acquedotti, il Claudio e l’Anio Novus.
A ridosso dell’edicola centrale di porta Maggiore c’è la prima destinazione della mia passeggiata.
Per capire il nostro uomo dobbiamo ricordarci del Satyricon di Petronio, per la precisione del capitolo in cui Trimalcione, un liberto, ovvero uno schiavo affrancato, arricchito, si vanta «di non aver mai ascoltato una conferenza di filosofia e di essere un buon cittadino, molto fortunato, molto ricco e molto munifico».

Il Trimalcione (perfetto) del Satyricon di Fellini

(Beato lui).
A un certo punto Trimalcione dà disposizioni che riguardano il suo sepolcro, come costruirlo e come decorarlo. E queste disposizioni sono come messe in pratica dal fornaio Marcus Vergilius Eurysaces, che si era arricchito con le forniture agli eserciti durante le guerre civili alla fine della repubblica.
Il sepolcro del fornaio è anch’esso in travertino, il marmo di Roma, e cita le parti del forno, per esempio le bocche, come decorazione.
Il fregio rappresenta le diverse fasi della panificazione e della vendita.
Ogni volta che vedo una cosa del genere, mi chiedo quale deve essere stata l’emozione davanti alla scoperta. Questa è piuttosto recente, 1838, praticamente hanno trovato la tomba persone come noi, moderne.

La Tomba del Fornaio, lato posteriore con il fregio

Porta Maggiore e Tomba del Fornaio

Piazzale Labicano, per una metrofila quale io sono, è una specie di paradiso e di inferno messi insieme e messi entrambi sulla terra.
Snodo di tram, mura, macchine che scorrono intorno ai monumenti come se fossero scogli, congiunzione di quartieri diversi, popolari ma con momenti che parlano d’altro, c’è pure un capolinea ATAC.

Cappottamento di un triciclo di una femmina, Porta Maggiore

Di solito ci passo in macchina, è la mia strada del ritorno a casa, preferisco passare dalla Tuscolana che dall’Appia per via della facciata graziosa di Santa Croce in Gerusalemme, a piedi è probabile che non sia il caso di avventurarsi, in bicicletta, di giorno, la velocità è quella giusta, posso infilarmi sotto gli archi, la visione è completa, insomma, non stai chiuso in una scatoletta. Come dico sempre a lezione, le cose, e non solo l’architettura, le devi misurare col corpo, devi sentirtele addosso.

Le strade intorno a via Manzoni, arteria grande e preoccupante, hanno villini deliziosi, ci sono alberghi che dall’esterno sembrano gradevoli, qui e là ci sono dettagli decorativi che danno carattere.

Una casa funziona se mi viene voglia di abitarla. Penso a come sarebbe comprare uno degli appartamenti in vendita nel palazzo il cui ingresso è introdotto da uno stemma in stucco con una rosa, potrebbe essere un segno, potrei dire cerca la casa a due piani sulla sinistra e vedrai che capisci dove trovarmi.

Passando per via Carlo Felice mi ricordo che Roma è stata bombardata poco o niente a confronto, mettiamo, di Londra.

Sullo sfondo c’è San Giovanni, che, visto che abito dalle sue parti, dovrebbe essere la mia basilica di riferimento, anche se devo ancora abituarmi,  sono a Roma nata e a San Pietro battezzata, quindi è probabile che l’altro legame rimanga quello più forte.
Comunque nessuno riuscirà a convincermi della pesantezza della sua facciata.
Lo sosteneva il mio manuale di Storia dell’arte, poi tu la guardi dopo il restauro e ti accorgi che non è vero, anzi, c’è una specie di leggerezza rigorosa, come dico sempre a lezione, guardate le cose con i vostri occhi, giudicate prima di leggere che cosa ne pensa il libro, certe volte si fanno delle simpatiche scoperte.

La basilica di San Giovanni

Decido di andare a fotografare porta Asinaria, che fu punto di partenza dell’Appia Nuova, poi sostituita da porta San Giovanni, cinquecentesca.
Dalla macchina, non si vede. Adesso, poi, con i lavori della metropolitana C, è praticamente nascosta.
Mi infilo pure lì, via Sannio è deserta.

Le mura e le porte di Roma hanno ai miei occhi un grande fascino, la mia città, in questo, è un esempio unico al mondo, mi capita di andare a fare itinerari che girano intorno, se tu guardi la Capitale in questo modo, ti dimentichi tutte le cose che non vanno, mi sono messa a fare lezioni romane, mi sono rimessa a studiare tutto, è stato come se avessi riacquistato il giusto sguardo, del resto se vivi a Roma e non la conosci, fai una vita più insensata di quanto già non sia insensata la vita stessa.

Porta Asinaria, dicevamo.

Porta Asinaria fra le recinzioni della metropolitana C

Essa è a un livello più basso della strada, serrata fra due torrioni semicilindrici. Era una porta secondaria, eppure da essa entrarono Belisario e Totila, tutta gente che, se fosse rimasta fuori, sarebbe stato meglio.
Gli alti e bassi di Roma, la sua decadenza, il suo splendore fragile, tutto questo un po’ mi consola per come la città è oggi.
Via Sannio è deserta, con il mercato chiuso ha cambiato faccia, pure qui, se ti infili nelle strade laterali, trovi case basse e graziose, anche questa è zona di villini.

In giro c’è gente. Sono chiusi tutti i negozi tranne le botteghe di frutta che stanno sempre aperte, sono aperti anche i ristoranti, ma non tutti.
Nessuno sa dirmi che cosa sia quella torre al civico 65 di via Sannio, certo è di epoca fascista, per la data scolpita sopra e i fasci, dovrò fare qualche ricerca più approfondita o venire un altro giorno, quando non è festa, quando non stanno tutti con in mano un uovo di cioccolato o una torta, quando sarà tornata la vita normale in questa città oggi come sospesa nel tempo, sempre in bilico come è lei fra la resurrezione e la morte, sempre piena di sorprese e le sorprese sue, sì, che sono belle.

Andandomene in giro a caso sono sbucata sull’Appia quel tanto che bastava per attraversarla senza soffrire troppo per il traffico.
Raggiungo il mio garage e domando al ragazzo se mi fa la cortesia di mettere a posto lui la mia bicicletta, è Pasqua e si è fatta ora di pranzo.

La mia bicicletta

 

2 Comments

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  1. Che gradevole passeggiata! Girare con te é proprio bello🤩

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