Dal profilo Instagram La Maison du Pastel  

Il segreto, è di scrivere qualunque cosa, perché quando si scrive una cosa qualunque, si cominciano a dire le cose più importanti

(Julien Green, citato da Jean Clair)

La madre di un’amica chiama il Green Pass Green Park e a me sembra un’ottima idea, è anche una stazione della metropolitana di Londra, dà immediatamente un senso di aria fresca e poi il verde, si sa, è riposante.
Ne parlo per la prima e l’ultima volta.
Sono di quelli che sono stati male con il vaccino.
Sei ore dopo la somministrazione, mi sono messa a letto e ci sono stata tre giorni.
Dopo una settimana ancora non capivo dove infilare le chiavi nel quadro della macchina e ho avuto altri strascichi, che forse non sono finiti.
Fatico a pensare che va bene così e comunque trovo irritante che mi dicano di vaccinarmi un cantante che con i mezzi vocali che ha avrebbe potuto fare una carriera ben più insigne, uno chef nemmeno simpatico o un velocista, che di virus e di vaccini ne sanno quanto me: praticamente niente.
Trovo non del tutto ragionevole assumersi questa responsabilità anche da parte di tante altre persone, comunque per ora è andata e mi vorrei occupare di altro.
Se ci riesco.

Continuo a essere en jachère, dunque, ne approfitto.
Come sono belli i film di Hitchcock.
Tutti.
Fra l’altro mi deve essere accaduto qualcosa, perché trovo belli anche i film che mi avevano lasciata perplessa.
Per esempio, Marnie, dove il nodo è come possa una donna rimanere fredda quando Sean Connery ti strappa di dosso la camicia da notte e ti guarda.

Sean

Lui ha trentaquattro anni, è alto un metro e ottantotto, è atletico, è anche un grande attore e ha la più bella voce maschile che abbia sentito in vita mia.
Se voi vedete i film doppiati, fatti vostri, non sapete che cosa vi perdete.
Nel film è anche ricco e si innamora di una matta, meglio, traumatizzata, ladra, un po’ petulante, certo graziosa e ben vestita, ma ce ne vuole.
La storia è, a conti fatti, poco probabile proprio per la presenza di un pezzo d’uomo di questa portata, anche se poi te la godi proprio per la sua presenza.

Alfred & Tippi

Marnie inoltre è un film bello, per esempio, anche per come ti fa entrare all’interno di un ufficio di una grande società, con le segretarie che battono a macchina e le matite sempre lunghe e perfettamente temperate.

Dietro c’è Edward Hopper, che evidentemente Hitchcock considera a ragione profondamente americano.
Fra il dipinto che vi mostro e il film ci sono ventiquattro anni di distanza, però quasi non ce ne accorgiamo, certo, gli abiti sono cambiati, però lì bisogna avere l’occhio esperto.

Edward Hopper, Office at Night, 1940

Quello che colpisce è uno stile che è fuori dal tempo, laddove oggi se in un film vediamo un telefono che non è uno smartphone, esso ci sembra un fossile.
Come va veloce la vita.
O forse ad andare veloce è la tecnologia.

In tempi non infetti Patrizia Cavalli se la prendeva con le piazze di Roma invase da attività commerciali.

I tavoli, gli ombrelli, le sediole,
le stufe a gas letali, i cellulari,
che attrezzano chiunque a far casetta,
con veranda. Le insegne tozze e storte,
di sbieco i cavalletti con menù,
ferri sporgenti pronti allo sgambetto…

Era il 2006 e la poetessa umbra aggiungeva
Non c’è più il dentro, finito anche l’inverno,
ora ogni dentro si è triplicato in fuori…
«Ma io lavoro, che credi? io lavoro!»…

Parole profetiche, come sempre i poeti vedono oltre.
La pandemia ha fatto sì che tutti i ristoranti, le pizzerie, i bar, pure quelli piccoletti di quartiere, si siano allargati all’esterno.
Ho visto persone sorbire il caffè al tavolino con le spalle appoggiate al cassonetto dell’AMA.

Pubblicità Cynar anni ’60

Vedo gente che prende l’aperitivo e cena con le macchine parcheggiate a dieci centimetri dal calice e dal piatto, c’era quella pubblicità dell’amaro contro il logorio della vita moderna con il tavolino piazzato in mezzo al traffico, vuoi vedere che pure i pubblicitari hanno il dono dell’artista: quello della veggenza.

«Secondo me bisogna nascere con la bava alla bocca. Se uno è così, è a posto. Altrimenti, se non vuoi vincere, non ce la fai», Luciano Pavarotti in un’intervista.

Luciano

Meglio di stay hungry, stay foolish, almeno si capiscono le parole, l’accento emiliano, poi, aiuta, fa casa, tagliatelle, nebbia, canto lirico, possibilità nostrane e voce.
Con la voce puoi fare tutto.
Basta avercela.

«Voi badate a cantar bene, ché poi i soldi arrivano», Herbert von Karajan, rivolto ad alcuni cantanti che parlavano di cachet.
Citato da Luciano Pavarotti.
Ogni tanto alla radio ci sono cose interessanti.
Quando la radio la fanno quelli bravi, le cose sono sempre tali.

Quanto mi piacciono gli uomini in giacca e cravatta.
Vestiti così, stanno tutti bene, con l’eccezione di quelli delle pompe funebri e delle agenzie immobiliari, che, si vede lontano un miglio, la giacca e la cravatta le portano per obbligo e non le sanno portare.

Lauro

Ormai sono convinta che in casa mia ci sia qualcosa nell’aria.
A un certo punto a tutte le signore e signorine che fanno le pulizie viene il tinticarello.
La domestica precedente era una virtuosa.
Pure se stava nell’altra ala (la mia casa ha le ali, proprio come un castello), si sentivano colpetti di tosse, raclage, rantoli, sibili, suoni vari, seguiti di solito dalla corsa alla bottiglia di acqua minerale, che doveva essere effervescente, altrimenti non le piaceva (laddove secondo me sono le bollicine a favorire il tinticarello).
Se mi affacciavo dal mio studio e chiedevo se c’era qualcosa che non andava, il tinticarello si quietava.
Adesso ha cominciato pure l’altra, che ha avuto la fase dei sospiri, per cui passava lo straccio e sospirava, platealmente.
Da un paio di volte sono subentrati i fastidi di gola.
Soprattutto tosse e raclage.
Anche in questo caso, la seccatura si attenua appena tiro fuori la testa dal mio studio e propongo un cucchiaio di miele o una bevanda calda.
In base a queste esperienze, mi sono messa in testa che si tratti di un ticchio.
E di un segnale.
Come il broncio della moglie.
Come lo sguardo del marito ostentatamente incollato al televisore.
Come le goccine della suocera (quella mia era una virtuosa delle goccine, che erano un po’ i sali di cui tempo fa avevano bisogno le donne ogni volta che succedeva qualcosa che a loro non piaceva. Loro svenivano e arrivavano i sali. Adesso si salta direttamente al calmante).
Insomma, il tinticarello secondo me è una richiesta di attenzione.
Del resto, come fai a non notarlo, produce suoni continui, è il paesaggio sonoro, il basso continuo delle faccende di casa.
La radio, la spegni.
Con una persona, come fai.

Mi sono già occupata della relazione con la domestica.
Anche dei rapporti fra padrone e servo, ci sono tornata sopra più volte, se non sbaglio, sei, l’argomento è inesauribile e mi affascina.
Voi pensate solo, è la prima cosa che mi viene in mente, alla tirannia che esercita la servante di un uomo solo, che rende superflua la presenza di una moglie.
Ancora Hitchcock, in Caccia al ladro, ci presenta la pasta leggerissima della quiche lorraine che ha cucinato Germaine per John Robie.

Robie, Hughson e Germaine, A. Hitchcock, Caccia al ladro, 1955

E lui vanta le dita di fata della bonne, che una volta ha strangolato un generale tedesco senza produrre un solo rumore.
(Germaine ha fatto la Resistenza con John Robbie e gli è rimasta fedele).
Un passo ulteriore è la perpetua del curato, che per forza di cose non ha rivali femminili e che compare spesso nella letteratura.
Anche Brillat-Savarin, prima di raccontarci la ricetta dell’omelette al tonno, ci descrive il pasto del religioso, che è già a tavola alle cinque del pomeriggio, laddove tutti a Parigi cenano alle sei, alla presenza di una jolie femme, una nota beauté dell’epoca, che era andata da lui per parlare di una questione.
La descrizione della tavola è accurata: «un vino vecchio scintillava in una caraffa di cristallo; la porcellana bianca era di prima scelta; i piatti tenuti caldi da acqua bollente». E compare subito la bonne, «a un tempo canonica e ben vestita», pronta a ricevere gli ordini.
Senza di lei, la coreografia della cena sarebbe stata incompleta.

Però secondo me né Germaine né la perpetua del curato avevano il tinticarello, che è riservato alla domestica moderna, che per esistere deve farsi notare.

David

«Il narcisismo consiste del dipendere dallo sguardo degli altri» (Blandine Rinkel) ed è l’opposto dell’eleganza: «Non si può essere eleganti e narcisisti: i fenicotteri come i caprioli o David Bowie sembrano non avere bisogno che voi li approviate per essere quello che sono».

Sante parole.

In un interessante incrocio di Caso e situazioni, uno dei miei testi di studio e di svago a proposito della figura della domestica racconta di come la bonne sia carne e corpo (se non ce ne fossimo accorti).
Una narrazione del 1876 di uno che era qualcosa di più di un cronista riferisce la testimonianza di un medico che era stato chiamato per vaccinare contro il vaiolo «des femmes du monde» e che, in quella medesima circostanza, aveva vaccinato  anche le loro «femmes de chambre».
Il docteur Camus afferma che «l’ago entrava nella carne delle femmes du monde come in una pergamena, laddove la carne delle femmes de chambre era ‘una mela piena di succo’».

Quando lo rivedo, devo ricordarmi di chiedere al mio vaccinatore se ha notato differenza di carne nelle donne: età, ceto sociale, mestiere, provenienza geografica.
Differenza di carne, per carità, certo che sì, giudicate come sono le donne solo in base a essa, figuriamoci se la differenza non è palmare.
Ma, dicevo, differenza per come si infila l’ago: pergamena o mela piena di succo.

Il mio vaccinatore è un uomo corpulento e delicato a un tempo, che mi ha dato subito del tu mentre io gli davo del lei (asimmetria frequente un po’ dappertutto ai nostri giorni) e che mi ha abbracciata dopo la somministrazione dicendomi «Adesso possiamo».
Poi mi ha chiesto se volevo dei consigli.
Certo che sì, tu sei, anzi, lei è un vaccinatore, mica un cantante, un cuoco o un corridore.
Ebbene, lui mi ha detto di lasciare gli aperitivi e gli ammassi allo stadio a quelli un po’ più giovani di noi, ché tanto non capiscono.
Poi mi ha detto che lui vede le partite e i film per conto suo, che evita le degustazioni e gli aperitivi e che per un po’ non si mette nemmeno su un aereo.

E che frequenta e abbraccia solo quelli con il Green Park, o come diavolo si chiama.

Mi ha fatto aspettare quindici minuti per fare due chiacchiere e vedere come stavo.
Non mi ha detto quanto mi sarei potuta sentire male.
Ma che volete farci, i tempi sono quello che sono, incerti e incompleti.
E poi nessuno è perfetto.