Gustave Courbet, Il disperato, 1843

Ieri uno mi ha chiamata super Madame. Dopo fenomena e eclettica, miglioro a vista d’occhio.
Devo ricordarmi di chiedere al tipo se fa il pubblicitario, ma non credo, i pubblicitari nostri sono così laschi, che mai sarebbero riusciti a partorire una cosa carinissima come questa.
Sto pensando seriamente a un esergo sui biglietti da visita: fenomena, eclettica, super Madame.
Oppure a un’iscrizione sulla mia lapide mortuaria, per consegnarmi al mondo postumo nel modo giusto.
Però poi mi viene in mente che niente di tutto questo è understated come vorrei che fossero la mia presentazione e il mio trapasso, quindi, non se ne parla.

La tomba di Montale

E fra le iscrizioni tombali più belle, c’è quella di Eugenio Montale, dove compare solo, oltre al nome, la data della morte.
Dell’età che avevi, poco importa.
Conta solo il giorno in cui ti stacchi dal mondo e il mondo continua a farsi i fatti suoi senza che tu lo sappia.

Stamattina, con lo stato d’animo della madre che saluta la sua creatura il primo giorno di scuola, ho lasciato il telefono in assistenza.
(Qualcuno dovrà spiegarmi come può un bambino essere più interessante di uno smartphone).
Ho detto al tipo: «Lo affido alla sua discrezione».
Mi ero pure posta il problema se dovevo cancellare le cose compromettenti.
Ho deciso di no, perché poi, dopo che le hai cancellate, come fai a comprometterti.
Lui, che ha capito al volo, mi ha detto «Tanto ci lavoro da spento».
E così sono senza telefono.
Per cui ho portato a lavare la macchina e mentre i ragazzi la lavavano ho detto loro che andavo alla posta e sono arrivata fino alla posta perché volevo fare una ricarica PostePay ma quando sono arrivata lì mi sono accorta che non avevo la fotografia con il numero della carta.
Ho detto allora adesso telefono, me lo faccio dare e me lo scrivo.
Ma non sapevo come telefonare.
Sono tornata alla mia macchina e, mentre i ragazzi finivano di lustrarmela, con gli stracci, il liquido per i fari e l’olio di gomito, sono andata a salutare lì vicino i fratelli Bacco (che bel nome), che chiudono alla fine del mese il loro fantastico negozio di biciclette, con zona vendita e zona assistenza.

Fratelli Bacco

Uno di loro stava mangiando della pizza imbottita lì fuori, gli ho detto che mi veniva da piangere, quante volte mi hanno aiutato con la mia bicicletta, lui mi ha detto che la vita andava così, che le spese ormai erano insostenibili e, con la bocca piena di colazione, mi ha buttato lì che forse apriranno un altro negozio, ma piccolo e solo per l’assistenza.
Che è esattamente ciò di cui io ho bisogno.
Comunque: auguri, affettuosi e tanti. E, soprattutto: grazie.

Ho deciso di fare benzina. Davanti a me una macchina americana stranissima.
Vedo che entra nella corsia del distributore e che esce poco dopo.
Entro io.
Il benzinaio mi dice che hanno finito la benzina.
Mi viene da ridere e pure a lui.
Decido di cercare un po’ a caso un altro distributore e lo trovo dopo una decina di minuti.

Chevrolet Camaro anni ’60

Davanti a me, di nuovo la macchina americana.
Scendo e chiedo al guidatore che macchina è.
Una Chevrolet.
Mi pare di aver capito che è una Camaro. Vi metto un’immagine che ho trovato in internet perché non ho potuto fotografarla.
Come detto, non avevo il telefono.
Quella di stamattina era color bronzo, con i sedili ricoperti di pelle di leopardo.
Era una convertibile, ovvero era una macchina decappottabile, ma rispetto a quelle che ho trovato aveva la parte posteriore più lunga, sembrava un po’ un carro funebre, ma in stile americano.
Mi chiedo come si possa andare in giro per Roma con una macchina simile.
Comunque, se lo fai per fare colpo sulle donne, hai centrato il bersaglio.

Quanto sono brutte le Stelle di Natale. L’ultima che mi hanno regalato ho impiegato venticinque giorni a farla morire.
Lentamente.
Semplicemente, non le ho mai dato acqua.
Perché non l’ho buttata. Perché la persona che me l’aveva regalata frequentava casa mia. Ogni volta che veniva, guardava la Stella di Natale e mi chiedeva come mai sta conciata così male, io rispondevo che la colpa era del riscaldamento del salotto, particolarmente efficiente.
Io mento benissimo, soprattutto quando sono costretta a mentire.

La Stagione 3 è finita magistralmente.
Di tutte le piste che erano state messe in scena, ne è stata seguita una appieno, portandola alla conclusione.
Tutte le altre sono state risolte con un ritmo sincopato, raccorciato, compendiario.
Ma completo.
Capita pure a me, facendo una lezione, di mettere molta di carne al fuoco e poi di dover tutto chiudere e risolvere, un po’ come un medico che cauterizza una ferita dalla quale il sangue sgorga in più punti.
Adotto più o meno lo stesso metodo, seguo con un respiro ampio un argomento e sugli altri accelero, penso di farlo adeguatamente, ma avere visto il metodo dispiegato in una fine Stagione mi ha confortato.
Se mai avessi avuto dei dubbi.

Approdo allora alla Stagione 4 in uno stato d’animo stupefatto. Benedico il tipo del negozio di viale Rossini che, quando nello scorso luglio ho comprato il televisore nuovo, mi ha consigliato di prendere anche un nuovo lettore.
Quello vecchio l’ho attaccato all’amplificatore e lo uso per la musica.
Quello nuovo legge tutto, dvd e Blu-ray.
Il cofanetto della Stagione 4 è Blu-ray e non ha i sottotitoli in italiano.
Mi preoccupo, con questa trama intricatissima.
Mi preoccupo ma inutilmente, capisco tutto, gli attori hanno una dizione perfetta, mica come i nostri, che si mangiano le parole e si trascinano dietro l’accento di nascita pure quando diventano internazionali.
(Gli attori nostri non li sopporto).
Inoltre sono scesi in campo due talenti immensi.
Talento numero 1: l’attore, che seguo da quando era ragazzo, versatile, rotto a tutte le esperienze, uno che frequenta da sempre film d’autore e teatro, eccolo qui, impegnato in una serie.

JJA

Mathieu Amalric  interpreta JJA, James Jesus Angleton, avendo sfilato il nome a un agente segreto realmente esistito, che aveva come missione l’individuazione delle talpe.

Com’è.
E come volete che sia: divorante.
E che cosa va dicendo: che sono tutti innamorati di Malotru, tutti paranoici e vittime del suo fascino.
(Li posso capire).

MAG e Marie-Jeanne

E che lui è venuto a fare ordine.
Quando costoro devono comunicare un nome, di solito quello di un traditore, usano dei bigliettini piegati in quattro.
Come se io dicessi a uno che non voglio più vedere una persona, gli consegnassi un foglietto di carta e questo vedesse, aprendolo, il suo nome.
Però.
Tutti paranoici e innamorati.
Bello, no?
Talento numero 2: la regista, una «esigente e molto personale», che prende in mano le redini della stagione e dichiara: «È la serie migliore al mondo. Per la prima volta, sto all’erta per le date dell’uscita dei DVD. Essa concilia tutto quello che amo: un casting incredibilmente intelligente, roba molto romantica e dà notizie del mondo».

Pascal e Mathieu

Sono del tutto d’accordo con Pascal Ferran.
Lei dice esattamente quello che penso io, ma lo dice meglio.
Inoltre, se tento un parallelo con l’aria di casa, registi e attori, non mi viene in mente niente.
Eppure noi abbiamo avuto almeno una stagione cinematografica eccellente.
(Nel passato).
E anche grandissimi registi.
E attori impareggiabili.

Poi, però.

Il mio vicino di casa mi ha detto che ha disdetto l’abbonamento a Sky perché fanno solo repliche.
E alla radio, quella che ascolto io, alle repliche hanno affiancato cosette natalizie impresentabili, delle quali io mi vergognerei.
E infatti, se solo mi capita di ascoltarle, mi vergogno.

Ma, stavamo dicendo, come si sta senza telefono.
E che ne so.
Sono andata a riprendermelo, il problema non era quello che avevamo pensato ma era un altro.
Quindi, mi ha detto il tipo di riportarglielo domani e lui vedrà di risolverlo.

Le Bureau des Légendes, saison 4

Nel frattempo, riesco comunque a farci qualcosa, WhatsApp e il resto, indispensabile.

Comunque, se mi cercate, sto vedendo una serie.

E già mi pare una cosa totale, di quelle che non ti lasciano né tempo né spazio per altro.