Henri Matisse, Le bonheur de vivre, 1906

Si studia poca storia dell’arte, oppure non la si studia affatto, visto che, invece di metterne di più, è stata anche eliminata, per esempio, in quelle scuole (grafica, moda) in cui sarebbe indispensabile.
Sogno sempre di trovarmi a cena seduta accanto a colui che ha fatto questa bella pensata, avrei un paio di cose da chiedergli.
Senza storia dell’arte la città è muta, i viaggi sono spostamenti insopportabili, i musei dei luoghi di punizione, non parliamo nemmeno delle chiese, che pure sono posti dove, per forza di cose,  la spiritualità è intensa; esse diventano libri scritti in una lingua incomprensibile.
Amate la storia dell’arte, frequentatela, fate in modo che entri nella vostra vita, certo, l’arte è intimidente, però la storia dell’arte serve proprio a raccontarla, voi pensate, la dimensione in cui l’immagine incontra le parole, ditemi se c’è qualcosa di più bello.
Nella storia dell’arte c’è tutto il resto, la letteratura, la poesia, la musica, la matematica, la filosofia, il cinema e via elencando, amate la storia dell’arte e avrete in cambio le chiavi per capire (un po’ di più) il mondo.
Amate il Medioevo, amate Duccio, Simone, Giotto, amateli per le loro madonne, così diverse l’una dall’altra, amateli perché raccontano vicende che, a un certo punto, diventano moderne.

Amate Giovanni Bellini, amatelo per la capacità che ha di esprimere sentimenti, per affrontare un numero infinito di volte il medesimo tema senza mai ripetersi, amatelo per Venezia, per il colore, per una sensibilità tutta sua e lagunare che lo ha condotto attraverso una carriera lunga e di eccezione.

Giovanni Bellini, Madonna greca, 1470, part.

Amate Raffaello, perché è la quiete, la serenità, la perfezione, amatelo per la sua sensualità, per il successo che ha avuto nella vita, per la grandezza dei suoi progetti, amatelo perché è morto giovane, lasciando la città di Roma, che lo aveva accolto trionfalmente, in lutto.

Raffaello, La Fornarina, 1518, part.

Caravaggio, Autoritratto in S. Luigi dei Francesi, 1598

Amate la terribilità di Michelangelo, il genio di Leonardo, io spero sempre che un po’ mi contagino; amate la grandezza di Tiziano, davanti al quale si inchinò un imperatore per raccogliergli il pennello che gli era caduto dalla mano; amate Caravaggio, ‘lercio e irregolare’, amatelo per la ‘nera miseria’ nella quale ha vissuto il primo periodo romano, perché ha sopportato ‘prezzi di fame’, perché la sua ‘sciagurata bohème’ oh, quanto ci aiuta a sopportare la bohème e le sciagure nostre.

Amate lo splendore del cavalier Gian Lorenzo Bernini, l’introversione di Francesco Borromini, che lo porta al suicidio, solo, stranito, come ignaro di tutta la ricchezza che ha prodotto; la felicità di Tiepolo, la perfezione di Canova, amate i grandissimi Maestri che stanno al di là dei nostri confini, buttate giù le barriere, innamoratevi di Albrecht Dürer, di Velázquez, imparate da Sir Peter Paulus Rubens ad amministrare la vostra esistenza nel successo che arriva a chi se lo merita, incantatevi di fronte a Vermeer, potete farlo, nessuno vi impedisce di entrare nel mondo sospeso di uno dei più grandi pittori di tutti i tempi, capace, come diceva il mio professore di Italiano del liceo a proposito di Leopardi, di rendere effabile l’ineffabile.
Gettatevi a capofitto nella leggenda della modernità, Realismo, Impressionismo, tutto il Post-impressionismo, troverete una quantità inesauribile di artisti che vi parleranno di voi stessi, l’orgoglio, la fuga, la grande città scintillante dove tutto è possibile, la soffitta e la reggia, le isole lontane, la fatica di vivere e tutte le dolcezze mielate che la vita offre, il lavoro e, sempre, sempre, sempre e comunque, la necessità della realizzazione di sé.

Gustave Courbet, Bonjour, Monsieur Courbet, 1854

Specchiatevi nella bellezza diversa del ‘900, apprendete come, a un certo punto, tutto si frammenta e si spacca (frammentazione, spaccatura, c’è qualcosa in questi termini che vi riguarda?), venite a patti con la possibilità di non essere più interi, ovvero, di non essere più classici, imparate quante possibilità inedite ci sono nell’abbandonare il vostro sentiero, quanto il diventare selvaggi (è sempre una tentazione, no?) possa essere lecito e auspicabile.

Picasso, Les Demoiselles d’Avignon, 1907

Amate i grandissimi architetti del ‘900, Mies van der Rohe e Le Corbusier sono nati a distanza di un anno uno dall’altro e hanno fatto un’epoca, entrambi anime dispotiche, ipocondriache e paranoiche, quando ci si avvicina a loro si prova qualcosa di molto simile a ciò che deve essere toccare l’Assoluto, togliere, togliere, togliere, tutto ripensare, vivere diversamente, la casa, la città, la vita tutta.

Mies van der Rohe

Voi pensate solo alla straordinaria alchimia del nome, ciascuno di noi, appena viene al mondo, riceve un’identità come dono o condanna, loro due, no, se c’è un tratto che hanno in comune oltre alla scarnificazione, ebbene, quello è l’essersi battezzati entrambi a modo loro, certamente usando materiali di famiglia, però reinventandosi a partire dalle radici e fiorendo in ogni loro ramo.

Le Corbusier

 

E amate coloro che vi fanno amare l’arte, io, personalmente, provo un sentimento di amore completo e complesso, che diventa devozione, nei confronti di Gio Ponti, uno dei nostri più grandi intellettuali, architetto, decoratore, designer, me lo guardo per ricordarmi che quando gli altri stanno in vacanza è possibile lavorare (lui lo faceva, l’ho letto nei suoi appunti, erano datati il 15 di agosto), che l’architettura  può produrre ‘ville incantevoli’ per le mie vacanze, e ‘alberghi incantevoli’ per i miei viaggi, perché lui mi autorizza a esigere ‘città felici e civilissime’, perché da lui ho imparato che le cinque condizioni della vita civile sono: ‘pane, abito, lavoro, casa, favola’.

E, come dice lui, ‘favola? sì, favola’.