Tutti i sentimenti (page 1 of 7)

Il luogo, appunto, dei sentimenti: il dolore e la delusione, certamente, ma anche la felicità, la virilità (cioè l’orgoglio e la forza), la femminilità (cioè la seduzione e l’inganno), gli animali, sempre così importanti, certe volte i bambini, poi la nostalgia, il rimpianto, la lontananza, il viaggio, la gelosia, il riso, il pianto, il lavoro, la relazione con gli oggetti, la povertà e la ricchezza, dunque, il denaro. L’amore. La morte. La vita, no?

LA CONGIURA DELLA CAMOMILLA ROMANA

Jacovitti, Cocco Bill

Un pomeriggio chiedo al professore se in vita sua ha mai guarito una sola persona. Ci riflette seriamente e risponde: guarire è una parola grossa, poi scuote la testa e sorride incoraggiante. Passano minuti, giorni, settimane.

Ingmar Bergman, Lanterna magica, 1987

13:26:08. Mi sono messa a seguire blog di recensori di smartphone.
Ovviamente ho cominciato perché volevo sentire parlare bene del mio telefono nuovo (lo fanno tutti), poi ci ho preso gusto.
Ci sono alcune cose notevoli.
Questi super specialisti sono tutti privi di appeal maschile, nel senso che non ho visto nemmeno un bell’uomo.
Gli uomini, in teoria, sono tutti innamorabili, diciamo che possono funzionare sia per la parte fisica che per quella intellettuale (per le donne la situazione è diversa).
Però con loro non funziona niente.
E qui si conferma la mia vecchia teoria secondo la quale se passi sedici ore al giorno attaccato a un computer, perdi un po’ di tutto, non solo il tuo fascino.
L’altra cosa interessante è che dopo un po’ cominci a capire che cosa dicono. Certo, il merito non è loro, che sono tutti degli insegnanti pessimi, visto che danno tutto per scontato, laddove, se insegni, non dovresti dare per scontato niente. Diciamo che è una specie di acclimatazione, come succede alle piante. Dopo un po’ cominci a capire che cosa è un processore o un Amoled Awesome, che quello è un padellone e che il design di quell’angolo è proprio bello.
Però la cosa più interessante è che sono quasi tutti maschi. Ho assistito anche a un webinar del mio primo nerd, erano collegate persone che seguivano un corso per sviluppatori, lui ha parlato di sé, come era cominciata la sua vicenda e come lavorava, lì ho capito tutto, però fra i presenti collegati c’era una sola ragazza, che ho individuato a una seconda visione, alla prima non ero stata capace di distinguerla.
Non ho visto un solo commento femminile.
Ho trovato però un commento simpatico, se ci si mettono sono capaci di far ridere pure loro, ed era uno che in una sessione dedicata alle fotocamere di alcuni telefoni ha scritto «E adesso voglio vedere una macchina fotografica che sappia telefonare».
Quelli che rigirano le cose così abilmente li trovo irresistibili

Continua a leggere

SUL CORPO

André Derain, Femme nue couchée, 1940

Mentre Francesco mortificò tutta la vita il corpo fragile e malato con penitenze da lui stesso giudicate in seguito eccessive… (chiamava spesso il corpo «frate asino», da maltrattare senza troppi riguardi), fu invece sempre molto comprensivo e indulgente verso i compagni e il prossimo.

Chiara Frugoni, Vita  di un uomo: Francesco d’Assisi

Omelette al pomodoro, vitello all’orientale, besciamella con capperi, mostarda, quattroquarti, bigné al cioccolato e una torta che chiamava «la mia torta», che era pesante e carica di zucchero.

Maria Callas, prima

Maria Callas nutriva una passione segreta per le ricette di cibo, che collezionava e passava al suo cuoco personale.
Poi, a mangiare erano i suoi ospiti.
Lei, no.
Anche questa è una soluzione.
La sua carriera comincia nel 1947 ed il suo peso è kg 108 per m 1,73 di altezza.
I numeri in questo post compariranno poco, i numeri sono crudeli e implacabili, quindi su di essi la discrezione è una consegna.
Del resto qui noi ragioniamo non sui numeri ma sul corpo.

Anzi, per la precisione, sul corpo delle donne.

Continua a leggere

FRA IL BEH E IL SEH

Lucas Cranach il Vecchio, La Fontana della Giovinezza, 1546

Tre volte di fila, beh
Sei sicura che quello che ho preso era solo aspirina, seh
La notte continua…
(Simonetta, Lucia, D’Amico, De Marinis, «Mille», 2021)

Mangiare cibo sano.
Mangio cibo sano.
Non fumare.
Non fumo.
Non bere caffè.
Non bevo caffè.
Non prendere il sole.
Non prendo il sole e uso tutto l’anno un filtro solare, totale per il viso. In estate, uso un filtro in tutte le parti del corpo esposte.
Dormire almeno otto ore.
Dormo otto ore a notte e in questo periodo mi capita di dormirne un altro paio il pomeriggio.
Struccarsi sempre prima di andare a dormire.
Mi strucco sempre prima di andare a dormire, praticamente mi capiterà una o due volte l’anno di andare a dormire senza struccarmi.

Non bere alcolici.
Bevo alcolici.

Quindi è probabile che tutto il resto sia vanificato dall’alcol, però, come ho letto da qualche parte, «alle domande serie, certe volte è meglio dare risposte etiliche».
Naturalmente l’elenco di ciò che bisogna fare per avere una bella pelle interessa solo le donne, quindi gli uomini possono pure fumare e prendere il sole e fare tutto il resto.

Perché a loro le rughe stanno bene, fanno vissuto e esperienza.
E le donne ancora stanno lì a insistere con l’avvocata e la ministra, laddove secondo me sarebbe più utile insistere sul fatto che pure una donna può stropicciarsi un po’ senza perdere la faccia.

Continua a leggere

DELLA SEDUZIONE

Félix Vallotton, La visite, 1899

«- Raccontatemi.
– Vi interessa?
– No, ma mi piace molto il suono della vostra voce.»

(Christian Estèbe, La vita fuggitiva ma reale di Pierre Lombard, VRP)

È la più bella scena di seduzione degli ultimi tempi. E una delle più belle cui abbia assistito in vita mia.
Fra l’altro, inattesa. Insomma, non me l’aspettavo.
Questo è uno dei motivi per cui è bella, anche se non è il solo.
Ci mancherebbe.
Non è un romanzo erotico, i romanzi erotici sono noiosissimi, non sono mai riuscita a leggerne uno oltre le prime venti pagine, nemmeno i superclassici, mi fanno il medesimo effetto dei video porno, ai quali, nella sostanza, assomigliano.
Noiosissimi pure quelli, solo che, dalla loro parte, c’è una durata limitata e ci sono le immagini.
Ma romanzi erotici e porno condividono la medesima anima, non c’è racconto, oppure la trama è esile e prevedibile, e sempre lì finisce.
Sono i luoghi del nichilismo, come il solo calcio, i soli soldi, la sola droga, i soli figli, i soli cani, la sola televisione, il solo cibo, il solo vino.
Ma, stavamo dicendo: la seduzione imprevista.

Continua a leggere

L’ORDINE ALFABETICO SPIEGATO A IRINA

Mi arrampico fino all’ultimo ripiano della libreria bianca di sinistra nel mio studio.
Cerco il libretto della Tosca, voglio controllare una citazione.
I libretti sono tutti scombinati, il Tristano e Isotta prima dell’Andrea Chenier  e di Norma.
Che è successo.
È successo che Irina ha spolverato e, come fa lei quando i libri non sono troppo pesanti, ha tirato fuori tutto dallo scaffale e poi tutto ha rimesso a caso.
Prendo i libretti e li metto sul tavolo della cucina.
Aspetto a sistemarli.
Quando Irina ritorna, dopo la cerimonia del mattino, il caffè, gli abitini dell’orso, le mostro tutti i libretti e le chiedo se sa che cosa è l’alfabeto.
Lo sa: A, B, C.
Le chiedo se sa che cos’è l’ordine alfabetico.
Più o meno.
Le spiego che da me sono in ordine alfabetico i cataloghi d’arte, in salotto, i romanzi, le guide turistiche e i libri di moda, nel mio studio.
I libri di cucina, i fumetti, i manga e non so che altro stanno messi in modo meno rigoroso.
(Le riviste hanno un numero e sono in ordine crescente).
Le spiego che se lei mi scombina l’ordine alfabetico, io non trovo più i libri.

Lei mi risponde, sì, d’accordo, ma io non vedo la A, la B e la C sui libri.
Le spiego che l’ordine alfabetico sta nei titoli.

«Ah», mi fa lei, sorpresa.

Continua a leggere

AL CUORE, SI SA, NON SI COMANDA

Una premessa (doverosa).
Questo è un articolo che parla di costume nel senso di abbigliamento, non di altro.
Quindi, leggetelo a cuor leggero e senza cercarci dentro intenzioni che non ci stanno.

E adesso andiamo a cominciare.

Il primo matrimonio, e l’unico, che ho visto di persona di due sposi, nel senso di sposo + sposo, è stato a Londra.
Io me ne andavo a spasso per King’s Road come sempre ho fatto immediatamente dopo il mio arrivo, giusto il tempo di organizzare la stanza in albergo e di prendere la metro a Gloucester Road.
Andavo a spasso e mi dirigevo verso le mie due destinazioni consuete: lo storico negozio di articoli per artisti con una parte tutta dedicata a bicchieri d’epoca, i medesimi che si vedono al Victoria & Albert Museum, solo che i loro te li puoi portare a casa e mettere sulla tua tavola;  il negozio di decorazione d’interni, dove ho acquistato alcune delle cose più belle che ci sono da me, cuscini di seta e rugs, ovvero coperte piccole, quelle per i cavalli, invernali ed estive, che uso regolarmente e che guardo con una qualche nostalgia.
(Chissà se e quando tornerò a Londra).
Allora me ne andavo a spasso quando ti vedo questi sposi, sposo + sposo,  entrambi identici a Elton John, cicciottelli, con gli occhiali e i capelli rimediati.
Inoltre, identici fra loro: entrambi con il medesimo abito scuro, cravatta argento e fiore all’occhiello.
Uscivano da un posto che poteva essere un ufficio pubblico, tenendosi per mano, contenti, con intorno una piccola folla di amici che tirava loro riso.
L’effetto fotocopia era garantito.

Invece non mi è mai capitato di assistere a un matrimonio fra due donne.
Ne ho visti solo in fotografia.
In molte di queste cerimonie le spose, sposa + sposa, indossano il medesimo abito bianco, quello di tradizione, il desiderio del quale, è evidente, è duro a morire.
Ho visto anche due tailleur di shantung écru, identici anch’essi, su due spose, sposa + sposa, che non si distinguevano una dall’altra.

Continua a leggere

JOURNAL, 5: LA BELLA ESTATE

Set 4 Pink Depression Glass Sherbet Glasses

Virginia, l’altra. La ragazza del banco del forno si chiama Clarissa ed è leggermente fuori forma. Cicciottella, direbbe Irina/Irene. Ripete continuamente di essere giovane.
Non so se è per questo che mi dà del tu quando io le do del lei.
Sostiene di essere figlia di un’insegnante di latino e greco. Come possa una grecista aver tirato su una che parla quello slang che non è il romanesco di Trilussa e di Belli ma che è quella lingua parallela che a Roma parlano in tanti e che trovo ributtante, per me è un mistero.
Quando le ho detto che si chiamava come Mrs Dalloway mi ha guardata strana.
Forse la madre non ha trovato il coraggio di dirle che le aveva dato il nome di un personaggio di Virginia Woolf.
La capisco.
Stamattina le ho chiesto del pane di grano duro.
«C’ho solo questo», mi ha risposto mostrandomi una pagnottona.
«E quello che è?», ho indicato cortesemente, lì accanto.
«Quella è una baguette».
«Ma che tipo di pane è?».
«Di grano duro».
Non ho capito la logica e ho pensato che fosse meglio non insistere.
Ho detto «Allora per favore vorrei una baguette».
Di grano duro.
Come non sa chi è Clarissa, la ragazza che si chiama Clarissa è bene che non sappia, quando è alle prese con una baguette, che cos’è una baguette.

Continua a leggere

JOURNAL, 4: IL CIELO CON UN DITO

Frammento del Colosso di Costantino, sec. IV

Tre zollette di zucchero in una tazza di tè sono troppe.
Pure se la vita è amara.
Comunque è una vita, se non semplice, semplificata, i bisogni sono quelli base e animali, per quanto le bestie ancora non reclamino l’aria condizionata.
Il cibo straripa su tutto, non ho mai visto donne così fameliche, immagino il banchetto di nozze, quello che dura due giorni e che vede sedute a tavola anche cinquecento persone.
Lì c’è una logica, che è quella del denaro: ogni invitato è tenuto a versare una certa somma, che si moltiplica per ogni componente della famiglia.
Al momento del conto, se tutti si sono comportati bene, è possibile che agli sposi al netto delle spese rimanga un bel gruzzolo.
L’esperienza antropologica delle donne rumene che si alternano in questo mese di agosto nella cura della mia casa è talmente totalizzante che mi sono rapidamente rassegnata. Non discuto e non rilancio, gli uomini sono dei mascalzoni e non si perdona loro niente, l’esistenza è quella roba lì, gli stracci, i detersivi, gli autobus, la metropolitana, il pranzo, non ci sono altri orizzonti oltre quelli della famiglia, quella della cerchia ristretta e quell’altra, amplissima.
In quest’ottica e in quest’atmosfera non ci penso più a insegnare a Irina o a Marlena i nomi delle dita della mano.
Anche se mi sembra una conoscenza importante nella comunicazione: con l’indice indichi e ti metti un anello all’anulare, per non stare a ricordare che già i latini chiamavano il medio impudicus e che il pollice è, secondo qualcuno, il vero motivo dell’evoluzione dell’uomo, visto che è opponibile e ti dà la possibilità di fare tante cose.
Come sa bene la spia di nome Caravaggio nel mediocre film Il paziente inglese, che viene punita con il taglio di entrambi i pollici.
Prova a non poterli usare e ti accorgi che significa.

Continua a leggere

JOURNAL, 1: POSTACOVID

Io mi sono detto cento volte che la pittura, vale a dire  la pittura materiale,  non era che il pretesto, che il ponte fra lo spirito del pittore e quello dello spettatore

Eugène Delacroix, Journal , 1932

Attacco oggi 27 luglio un Diario che chiamo Journal, come quello di Delacroix.
Attacco ma non è vero manco per niente, sto sul mio Journal da 39 (trentanove) taccuini, quello color azzurro turchese o come vi pare che vedete nella foto è quello in corso.
A ritmo di due taccuini, due Journal l’anno, fate voi il conto, vi metto in guardia, dovete fare una divisione.
Qual è la differenza fra il Journal che vedete in foto e questo che leggete.
Poca roba.
I sentimenti sono i medesimi.
Il turpiloquio, qui non lo trovate, non lo apprezzo e lo evito fino a che posso.
Poi, che c’entra, il mio Journal, quello di colore azzurro che l’azienda chiama diversamente, di parolacce è pieno.
Perché è privato.
Perché ogni tanto ci vuole.
Perché se uno mette il turpiloquio sul suo Journal, comunque si chiarisce le idee e si sfoga.
E il mondo resta libero.
Non dico leggiadro e poetico. Ma, almeno, vivibile.

Laddove se tu il turpiloquio lo usi nel mondo, lo infanghi, d’accordo, lo definisci, però poi è anche colpa tua se esso è invivibile.

Continua a leggere

IN CARNE E IN DISINCARNE

Damien Hirst, Anatomy of an Angel, 2008

In carne, 1. Appena sono abbastanza in confidenza, domando a quelle donne che cambiano spesso colore di capelli loro come si sentono: brune o bionde.
Le rosse sono un altro discorso, le rosse sono sempre un caso a parte.
Alcune fanno finta di non capire, altre capiscono al volo.
Per esempio, io sono una mediterranea fino all’osso, mai in vita mia mi è passato per la testa di schiarirmi.
Tutto questo è sempre molto interessante, vedere come si vedono gli altri è come stare al cinema.
Io faccio m 1,68 di altezza per kg 58.
Nella mia testa, per esempio, io starei meglio con cinque chili di meno, ma sembra che io sia l’unica a pensarlo, appena perdo un po’ di peso, e per me è facile, sono una disappetente, tutti cominciano a compatirmi, a dirmi ma poverina, come sei sciupata.
Ora, è pure giusto che le donne debbano piacere soprattutto a se stesse.
Però, piacere agli altri, soprattutto a chi piace a te, mica guasta.
Devo ricordarmi di dirlo, alle donne.

Continua a leggere