Félix Vallotton, La visite, 1899

«- Raccontatemi.
– Vi interessa?
– No, ma mi piace molto il suono della vostra voce.»

(Christian Estèbe, La vita fuggitiva ma reale di Pierre Lombard, VRP)

È la più bella scena di seduzione degli ultimi tempi. E una delle più belle cui abbia assistito in vita mia.
Fra l’altro, inattesa. Insomma, non me l’aspettavo.
Questo è uno dei motivi per cui è bella, anche se non è il solo.
Ci mancherebbe.
Non è un romanzo erotico, i romanzi erotici sono noiosissimi, non sono mai riuscita a leggerne uno oltre le prime venti pagine, nemmeno i superclassici, mi fanno il medesimo effetto dei video porno, ai quali, nella sostanza, assomigliano.
Noiosissimi pure quelli, solo che, dalla loro parte, c’è una durata limitata e ci sono le immagini.
Ma romanzi erotici e porno condividono la medesima anima, non c’è racconto, oppure la trama è esile e prevedibile, e sempre lì finisce.
Sono i luoghi del nichilismo, come il solo calcio, i soli soldi, la sola droga, i soli figli, i soli cani, la sola televisione, il solo cibo, il solo vino.
Ma, stavamo dicendo: la seduzione imprevista.


È un romanzo di solitudine, di distacco, di viaggi in posti deserti, di libri presentati a persone alle quali i libri non interessano.
È un romanzo di vita precedente che si è dissolta e di vita nuova che fatica a rapprendersi.
È un romanzo pieno di sapori. Già all’inizio abbiamo un trancio di pesce spada alla griglia e una brocca di quel vino bianco meraviglioso «che mette lentamente a fuoco il suo immaginario».
Seguiranno, qui e là, un pasto caldo, un potage, ben caldo anch’esso, un Crozes-Hermitage, che culla e che è un nettare, una gaufre à la chantilly, del Beaujolais fresco, che mette in bocca «un gusto di autunno», un piatto di charcuterie.
Ci saranno dipinti nei quali sembra di stare dentro, uno di Cézanne, un altro di Goya.
Ci sono musiche, che escono dagli altoparlanti della macchina: Berlioz, la voce di Billie Holiday.
E poi c’è lei.
Lei si chiama Paola Caprini e compare, come nella scena di un film, in una libreria.
E nella medesima libreria lui la rivede. La osserva di nascosto. È alta, bruna, lenta e concentrata, ha nei sul viso, passeggia (ma il verbo usato è flâner) fra i reparti.
I loro sguardi si incrociano, lei ha occhi magnetici.
Lui prende congedo dal libraio, che è suo amico, e aspetta fuori lei.
Scende una pioggia sottile e fredda da fine pomeriggio.
Lei avanza sul marciapiede e lui la raggiunge.
Le chiede che libro ha scelto stavolta. Lei dice niente, questa settimana leggerò dei polizieschi.
Lui le chiede se frequenta sempre quel piccolo locale, Le Marengo.
Lei risponde di sì.
Lui le dà appuntamento per il giorno successivo alle quattro.
Lei dice no, nessun appuntamento, lasciamo fare al caso, tentiamo la sorte.

Lui entra al Marengo.
Lei è là. Il viso abbassato sulla sua lettura. E qui cominciano i colori. «Vicino a lei, il rosso di uno sciroppo di fragola».
Lui le chiede se lo stava aspettando.
Lei risponde «Può essere, non ne sono sicura».
Lui prende una sedia blu.
Da lì, dopo aver parlato un po’, lei accetta l’invito a cena e si spostano in una brasserie, dove si siedono a un tavolo in disparte.
Lei parla dei suoi viaggi.
Lui non sa come sedurla.
Seconda bottiglia di Morgon. Paola sa bere.
Lei è «bella, ieratica, tranchante e lontana».
La blanquette de veau è magnifica.
Lui paga il conto.
Fuori piove neve sciolta.
Lei chiama un taxi e «infila le sue lunghe mani nei guanti».
Lui dice che lei lo rende nervoso.
Lui teme di mostrarsi aggressivo, scortese.
Lei tace. Nei suoi occhi ci sono bagliori arancio.
Arriva il taxi. Lei tira fuori dalla borsa un biglietto da visita e glielo infila nella tasca della giacca.
Lei sale sul taxi, la portiera sbatte, come uno schiaffo.

Lui è un po’ ubriaco e, per quanto lontano, decide di rientrare a piedi. Solo dopo mezz’ora si accorge che sta andando verso l’indirizzo stampato sul biglietto che lei gli ha infilato in tasca.
Esita davanti al citofono.
Suona.
Il citofono ronza.
« Sono io.
– Ah, già?»

Lei abita sotto i tetti, a lui sembra che da un pezzo non saliva i gradini saltandoli.
Lei è in pigiama di seta ciliegia, pantofole di cuoio naturale.
«Da lei ci sono tappeti dappertutto. Struccata, non perde niente del suo charme. Al contrario».
Lui è fradicio.
Lei gli ha offerto un whisky.
Lui posa il bicchiere, si avvicina, la prende fra le braccia.
«Lei lo lascia maneggiare, insieme curiosa e divertita. È nuda sotto il pigiama. Bella e lunga liana. Lei lo aiuta a spogliarsi: “Ecco il momento di passare all’abito di luce, mio caro Amante”».

Berranno un «succo di frutta profumato».
Lei ha messo ai polsi due braccialetti d’argento, per sentirli tintinnare durante l’abbraccio.
Quando lui ha un momento di debolezza, lei, con il suo rossetto, gli fa due segni sotto l’ombelico a distanza uguale e proprio sopra il sesso. Poi spinge con i pollici.
Lui grida di dolore ma nuove forze affluiscono.
Lei gli serve «un tè fumante e profumato».
«Quelle storie esistono nei libri, perché non nella realtà».
Le pressioni e il desiderio tornano tre volte nel corso della notte.
Alla fine, loro «si sono addormentati nei loro odori».

Il giorno dopo, lui è stupito dell’arte della sua amante. Lei dice che non è niente. Lei dice immagina una grande dimora, di cui conosci solo la cucina e non apri mai le persiane sull’esterno.
«Tutti noi abbiamo una geografia intima che bisogna conoscere, imparare».

Pranzano in una bettola sulla riva del fiume grigio.
Lui sta bene con lei.
Tutti i nei sul viso di lei sembrano le cicatrici lasciate da quelle maschere con i chiodi che si mettevano sui visi delle donne accusate di stregoneria.
«Lei potrebbe diventare la mia Vergine di Norimberga, si dice lui».

La Vergine di Norimberga

Essendo quest’ultima una macchina di tortura, inventata o no, mi sembra una perfetta definizione dell’amore. 

È tempo di lasciarsi.
La vita è fatta così.

«Pas de sermons, pas de serments, pas de serrements de coeur».
(Niente sermoni, niente giuramenti, niente strette al cuore).

«Nessuna promessa di rivedersi. Lui ha solo posato per un momento la mano su quella di lei».

(Il romanzo che sto leggendo è di Christian Estèbe, è appena uscito e si intitola La vie fugitive mais réelle de Pierre Lombard, VPR, ovvero: La vita fuggitiva ma reale di Pierre Lombard, Viaggiatore Rappresentante Piazzista ed è bellissimo. Non solo. Mi ha pure presa alla sprovvista, offrendomi la più bella scena di seduzione degli ultimi tempi, proprio quando io mi cullavo con lui fra lunghi viaggi solitari in macchina, inverni infiniti, libri che a nessuno interessano, alberghi quasi vuoti, cene ben innaffiate di vini, capaci, almeno loro, di consolare. E di aprire a nuove possibilità, nuovi incontri, nuove vicende).

Christian Estèbe racconta Pierre Lombard