Vi serve una segretaria?
Assumetemi.
Sono organizzata, precisa, puntuale, comunicativa, parlo un buon italiano, scrivo decentemente e sono in grado di gestire discipline diverse da quelle di cui di solito mi occupo, per esempio ho rivisto tutta la tesi di mio fratello più piccolo, ora, più giovane.
Era in Ingegneria dei trasporti, non ci ho capito niente ma ho sistemato tutte le virgole, insomma ho esperienza di campi diversi, sono versatile e volenterosa.
E, soprattutto, devo trovarmi un altro impiego, perché sento che sono arrivata al capolinea dell’insegnamento, ho fatto una lezione dopo che stavo a riposo da più di dieci giorni e mi sono accorta subito che sfonavo.
Sfonavo?
Sì, sfonavo.
Insomma, a voce ero messa male e mi sono pure detta ben ti sta, così impari a non fare l’aerosol.
Eppure il medico te l’aveva prescritto.
Adesso, sai che fai, riprendi la ricetta, riprendi il nebulizzatore, riprendi le scatole di medicine che hai sepolto in frigorifero e ci riprovi.
Altrimenti, che problema c’è: vai a fare la segretaria.

Per prima cosa devi lavarti le mani.
Questo è importante, i germi stanno dappertutto e sono pure invadenti.
Poi devi procedere all’assemblaggio, autentica prova di intelligenza, sta tutto nella valigetta, la devi aprire, capire che cosa va dove, ovvero dove si attacca il tubicino, come montare la mascherina e, soprattutto, da che parte girare l’ampolla.
L’ampolla, in sé, è la cosa più fascinosa che ci sia lì dentro, la mia è in vetro, ha tutta una serie di aperture, mi fa tanto alchimista e alambicco, non so come non si sia ancora rotta, avevo tolto tutto di mezzo tempo fa e ricoverato tutto nel soppalco.
Sperando di non averne più bisogno.
Inoltre, qualcuno mi aveva pure illusa, mi aveva detto che ormai c’erano apparecchi moderni, andavano a ultrasuoni, a fare la terapia ci volevano due minuti invece di venti.
L’ho detto al medico.
Che mi ha risposto no, scusi, ragioniamo.
Che ci fa con due minuti di nebulizzazione. L’aerosol funziona sulle dimensioni delle particelle, che negli apparecchi a ultrasuoni sono piuttosto grandi laddove più sono piccole, meglio è. E sulla durata. Le particelle devono avere il tempo di posarsi.
Altrimenti è meglio andarsene a passeggio.
Infatti.
Quello, volevo fare io, andare dove più mi piaceva.
E invece, no. Rieccomi.
Allora, venti/venticinque minuti due volte al giorno fanno circa tre quarti d’ora.
Il mio nebulizzatore è a pistoni, quindi fa un rumore d’inferno, quindi non senti la radio, quindi non è che fai una telefonata.
E come fai a telefonare, sei lì che respiri il cortisone, mica vorrai pure fare altro.
Inoltre, devi sostenere la mascherina, anzi, attaccartela al viso quanto più puoi, non è che i farmaci facciano bene alla pelle, quelli devono finire tutti, quanto più possibile, lì dove devono finire.
Nel mio caso, nella laringe.
Allora uno può leggere. Insomma, non è che sia semplicissimo, il tubicino, la mascherina, e poi devi tenere la schiena dritta (cosa che bisogna fare sempre), altrimenti l’apparato respiratorio non si apre, il libro deve essere necessariamente piccolo e leggero, ma non è quello il problema, è che diventa difficile perfino girare le pagine.
Dunque, il telefono.
Con una sola mano si aziona bene, poi, però, non è che fai ricerche nuove e cervellotiche, finisce che guardi solo i social, quelli vanno quasi da soli.
Poi dice che uno si rattrista.
E poco ti consola la soddisfazione di mettere una bella X con il pennarello rosso sul calendario: un altro, è fatto.

Le mie giornate sono scandite dall’aerosol.
Che va fatto a digiuno, per cui la mattina prima di colazione, e la sera prima di cena.
Per la mattina, il fastidio è limitato, metto la sveglia mezz’ora prima, non è che sia una catastrofe.
Il problema è che la sera l’aerosol mi va sull’ora dell’aperitivo.
Uno dice, e allora, sposti un po’ anche quell’ora lì.
Si, ma mica sposti la sospensione da dove è andata a poggiarsi, con le sue microscopiche goccioline piccole tanto quanto è piccolo un millesimo di millimetro, che sono proprio quelle che trasportano i farmaci, in questo caso, il cortisone. Che va a poggiarsi proprio dove vorrebbe appoggiarsi quello che mangi e che bevi.
Dunque, mi sono resa conto che la terapia non mi guastava il tè con le fette biscottate, però mi guastava il vino e la cena.
Me me sono accorta con orrore, quando in una delle appena trascorse serate di festa si è imposta la bottiglia buona e, con tutto che era al posto giusto, temperatura, calice e il resto, quel liquido che mi aspettavo dionisiaco era in realtà pressoché imbevibile.
Capisci poi com’è che il sommelier non indossa mai nemmeno il profumo.
Sperando che il sommelier non si prenda il raffreddore e non sia allergico. Perché altrimenti pure a lui gli tocca l’aerosol.
Te lo prescrive il medico, che ti dice che è un rimedio di tradizione e che funziona.

Finita la terapia, visto che tanto non è che puoi fare troppo altro, torni a lavarti le mani, sempre per via dei germi di cui sopra.
E poi devi lavare il nebulizzatore.
Tutti i pezzi che hai utilizzato. Lo devi fare con l’acqua calda e il detersivo e una volta alla settimana devi pure disinfettarlo.

Poi metti tutto ad asciugare all’aria e bisogna pure stare attenti, perché l’ampolla è di vetro e sembra così fragile, ci manca solo che devi ricomprare il pezzo.

In tutto questo rito, in questa terapia, in questa noia che mi attanaglia, alle prese con i social e senza poter prendere nemmeno un appunto, leggere un libro, figuriamoci una rivista, sfogliare, che so, un catalogo (i cataloghi d’arte hanno sempre peso e dimensioni da tavolo sgombro), in questa specie di limbo prima delle lezioni prossime (la prima ce l’ho domani), che devo fare per capire se ce la faccio a farle o se sfono, mi chiedo se non debba anche dar retta a chi mi ha suggerito un soggiorno termale, una di quelle vacanze surreali per il vuoto siderale delle giornate, stai lì e inali quella loro acqua sulfureo-solfato-calcio-magnesiaca, fra le più ricche del mondo in fatto di zolfo, dunque, fra le più appestanti, e aspetti l’ora di cena, ben sapendo che non ti godi nemmeno un calice di vino, che da quelle parti là, dove c’è quell’acqua da inalare, è pure buono e che tutta questa noia e questa mortificazione chissà se poi davvero servono a rimetterti al mondo.

Quasi quasi, davvero vado a fare la segretaria.