Ancora non ho capito se è un sito, un’app o altro.
Ma ci prende.
Un certo numero di volte, nel corso della mattinata, Irina molla lo spazzolone, o il tubo dell’aspirapolvere, o lo straccio, o il flacone del Cif liquido e mi dice: «Alle 11:05 piove. Guarda».
E mi mostra sul telefono una schermata con il disegnetto di una nuvola nera carica di lampi e di acqua.
È probabile che alle 11:05 piova. Non sempre, questo va chiarito. Ma più spesso di quanto non piova o faccia bello a detta di altre app o altri siti meteo.
Con Irina parliamo molto di uomini e di bucati, che in fondo sono argomenti simili: fanno parte della vita e talvolta ti creano problemi, vuoi per le paturnie, le loro e quelle che ti procurano, vuoi per le macchie di vino rosso.
Il meteo è un altro argomento molto affrontato.
Una volta ho provato a spiegare a Irina che parlare del tempo è un modo ottimo per non parlare di altro e che ci sono intere culture che praticamente parlano solo di quello.
Tu vai a Londra e lo capisci al volo.

Resta che lei non ha idea di dove stia Londra e che il mappamondo che sta sopra una delle librerie del mio studio, e che le mostro per spiegarle i luoghi e le distanze, per lei è e rimane lettera morta.
A lei interessa solo se piove o se fa bello.
«Quindi, se esci, togli prima i panni. Oppure li tolgo io alle 11:05, prima che si bagnino».

Mi guardo intorno e mi meraviglia non vedere tutti quegli arabi in giro.
Mi sembrerebbe più normale che ce ne fossero dappertutto.
Come sono quegli uomini. Nerissimi, con delle barbacce secondo loro coltivate, nasoni, lineamenti che sembrano scolpiti nella pietra.
Mi chiedo se hanno fascino.
Qualcuno, sì. Anche se, in linea di massima, scuri come sono, un po’ di paura la fanno.
(Ha parlato quella chiara ed eterea).
E i francesi, a loro confronto, come sembrano.
Supercoltivati, supereleganti, superevoluti.
Un po’ cicisbei, come sempre.
E se lo dico io, che amo la Francia.
Effetto serie, 1.

I dialoghi sono cesellati.
Lo spessore dei personaggi attiene al letterario.
La finezza dei discorsi accompagna la visione.
Voi prendete per esempio la parte in cui la novizia, molto boyish, capelli corti, voce piccola piccola, viene istruita dall’esperta e le due donne si trovano a valutare se il superiore della prima, che sta cercando di infiltrarsi per ottenere un incarico come sismologa in Iran, la corteggia.
In realtà il verbo che usano parlando è draguer, che è qualcosa di più, diciamo così, dinamico.
Il nodo sta nel fatto che lui ha poggiato la mano su quella di lei, che era poggiata sul mouse.
E che la mano di lui ha guidato quella di lei sullo schermo.
Le due donne ragionano sull’ambiguità del gesto, che a quella più anziana non sembra ambiguo affatto.
(E io sono d’accordo con lei).
Da lì ragionano su come evitare che un rifiuto indisponga l’uomo.
E, insieme, su come non cedere alle sue avances.
Il dialogo è  rifinito in ogni dettaglio, è difficile che nella realtà due persone si confrontino su un gesto così apparentemente banale come quello di un uomo che ti tocca una mano, sottoponendolo a questa specie di vivisezione.
Ma sarebbe molto interessante che accadesse.
Voi pensate solo a tutta la faccenda delle molestie sul luogo di lavoro. Esistono dunque tecniche che potrebbero essere messe in opera per proteggersi mantenendo l’equilibrio e l’incarico.
Le donne dovrebbero smetterla di lamentarsi e ragionare di più su quello che capita loro.
Ci sono un sacco di modi per istruirsi, per esempio quello di vedere squadernata davanti a loro la vita, ma in meglio.
Effetto serie, 2.

I sentimenti sono elusivi, questo lo sappiamo tutti.
E Baudelaire scrive: «Forse sarebbe dolce essere alternativamente vittima e carnefice».
Dunque la novizia viene fermata da due sedicenti poliziotti e si ritrova faccia a faccia con il suo carnefice, un uomo giovane e di bell’aspetto.
Che la umilia e la prende a sganassoni.
Lui le chiede cose private e si dà da solo le risposte.
Lei ha paura, chi non l’avrebbe.
Lui mangia da un vassoio davanti a lei, ostentatamente, lei ha fame, lui le dice che è buono, si lecca le dita.
Prima le ha chiesto se il suo petit copain aveva leccato lei.
Non le offre né cibo, né acqua.
Lei è molto boyish, ha i capelli corti e la voce piccola piccola.
E, davanti a quella violenza, anche lei diventa sempre più piccola.
Dice che non sa di che cosa sta parlando lui, dice che lei è una sismologa, che vuole andare in Iran per studio, non per altro.
Capiamo dopo poco che si tratta di un finto sequestro e che i colleghi vogliono verificare la tempra della novizia.
Lei resiste.

Lei, da che è apparsa, porta una borsa che conosco molto bene e che voglio mostrarvi.
L’ho avuta anch’io, identica, nel senso anche del medesimo colore: bleu marine.

La borsa Upla, mia e di Marina

È una bisaccia in tela che a Parigi le donne portano di frequente, spesso in altri colori.
Mi viene in mente adesso che la novizia si chiama Marina e che il suo nome corrisponde al colore della borsa.
Certo, non è un caso.
Allora, il carnefice a un certo punto torna nella stanza dove lei è legata a una sedia, dove a lei cola il naso e lui non le ha offerto nemmeno un fazzoletto.
Il carnefice ha in mano la sua borsa.
E la tratta come gli uomini trattano le borse delle donne, come se fosse un oggetto estraneo, è incredibile come una borsa da donna, praticamente la sua identità e il suo universo, in mano a un uomo diventi un accessorio goffo, una specie di saccoccia nella quale ci stanno le chiavi, il telefono, il rossetto.
E il fazzoletto.
Lui rientra nella stanza senza finestre e sbatte la borsa sul tavolo, lì dove ha già apparecchiato il vassoio con il cibo che non le ha offerto.
A vedere la borsa, io mi sono rincuorata. È probabile che la medesima cosa sia accaduta alla novizia.
Lui le dice che lei è libera. Le dà una bottiglietta di acqua e un panino.
Lei beve avidamente. E avidamente mangia, anche se è così boyish, magra magra.

Lei ha superato la prova.

Lui ha detto a lei che corre. E le ha detto dove.

In una scena successiva vediamo lui che si affanna fra i vialetti del parco.
A un certo punto, compare lei, seduta su una panchina.
Lei gli aveva già chiesto se a lui era piaciuto prenderla a sganassoni.
Lui butta lì che stavolta lei è venuta a vedere che soffre lui, correndo.
(Io mi chiedo sempre perché la gente corra. Tutti hanno sempre quell’espressione di sofferenza stampata sulla faccia).
Nella scena successiva, i due fanno l’amore.
Noi vediamo la schiena di lei, magra e ossuta.
Personalmente, preferisco le schiene di donna ossute a quelle con troppa carne.
La schiena di lei è molto bella, lunga, sembra un’autostrada sulla quale lasciar correre il desiderio.
La scena è solo allusiva, ma noi vediamo bene che lui la lecca.

Io, che pure amo l’odore di un uomo, mi chiedo se, almeno, dopo la corsa lui si è fatto una doccia.
Effetto serie, 3.

Per quanto mi riguarda, con l’America ho chiuso.
A parte che per tante cose già avevo chiuso da un pezzo.

Americani, siete selvaggi e paranoici. E sono lontani i vostri, e nostri, tempi di Gershwin e di Hemingway.
Ora voi siete altro.
Non ve la prendete, succede.
E io, che pure mi sono dedicata alle vostre serie, accanitamente, amandole.
Ora, fra noi tutto è finito.
Niente vale la serie francese che sto vedendo.
Dico Francia e penso Parigi, vino, musei, vacanze, romanzi, atmosfera, il mio ultimo albergo, il volo, l’arrivo, la prima cosa che vedo in aeroporto, lo stand dei giornali, io che faccio settimanalmente tanta fatica a procurarmi le mie riviste, lì, tutte a portata di mano, il giorno medesimo in cui escono.
Qui, tutta una cosa complicata, telefono al giornalaio di via Veneto, lui mi invita a cena, io glisso, lui mi dice che mi ha messo tutto da parte, prendo la macchina e per fortuna lo trovo pure con la moglie.
Altrimenti chissà che cosa mi dovrei inventare.
Altro che mano posata sulla mano che è posata sul mouse.
Sto vedendo una serie francese.
Si chiama Le bureau des légendes, ovvero l’ufficio delle identità false.
Sono solo a metà della prima stagione e di stagioni davanti ne ho almeno cinque.
Almeno perché ho letto che stanno lavorando alle successive.
E che il creatore, temendo di non essere all’altezza di se stesso, ha chiamato un altro regista, di quelli che amo, francese, dunque, raffinato, elusivo e romanticissimo.
Ma che fanno questi.
Niente. Si imbrogliano con i sentimenti.
Escono sempre dal seminato.
Ogni personaggio mostra in sé falle e punti deboli, le donne non sempre sono belle ma, quando sono belle, sono bellissime: esotiche, lontane, inafferrabili.
Oppure a portata di mano, ma non così comprensibili come sono sembrate a botta calda.
E i protagonisti parlano di continuo di romanzi, di film e di sogno.

Andiamo, su.
Aspetto di vedere un americano parlare di qualcosa di simile.

Con tutte queste stagioni davanti, sto a posto per tutto l’inverno.

Effetto serie, 4.

E non finisce qui.
Potete giurarci.