ELOGIO DELLA SCUOLA

Josef Albers con i suoi studenti, Black Mountain College, 1946

I Sapori dell’arte, 1. Lunedì 19 marzo 2018: Il Sapore della scuola

Lunedì prossimo faccio la prima lezione della mia vita dedicata interamente alla scuola.
Strano, no? Vado a scuola e faccio scuola da un sacco di anni e non avevo mai affrontato l’argomento in modo diretto.
Mi sto preparando accuratamente, mi preparo sempre per ogni lezione, ma certe volte l’argomento è più sensibile, quindi la preparazione è più complessa e più coinvolgente.
A me la scuola ha dato (e dà) tantissimo, ogni volta che qualcuno mi racconta che odia la scuola sto un po’ o molto male a posteriori, la quantità di disagio dipende da quanto odio viene espresso, ci sono persone che a distanza di anni, e certe volte di decenni, hanno conservato intatto il senso di ostilità e di risentimento, come capita solo di fronte a una delusione che è stata immensa, all’occasione perduta per sempre, a quello che, si capisce, sarebbe potuto essere e invece non è stato.
Loro la fanno breve, io, invece, manco per niente.

Perché io nella scuola ci credo, credo che sia il luogo dell’incontro, della scoperta e della meraviglia, quello dove tutto è possibile e dove i giochi non sono ancora fatti, dove si può stabilire che piega dare alla vita e, se ci si riesce, fargliela prendere dalla parte giusta.
Dice la Treccani che scuòla  in origine ‘significava (come otium per i Latini) libero e piacevole uso delle proprie forze, soprattutto spirituali, indipendentemente da ogni bisogno o scopo pratico’; dice che dopo è diventata ‘il luogo dove si attende allo studio’.
Dice che la scuola è un’istituzione a carattere sociale, dove si impartisce un’educazione, dice che c’è la scuola materna e poi quella superiore; che la scuola pubblica ‘dipende direttamente dallo stato’, quella privata, no. Poi la Treccani dice che ci sono le scuole maschili e femminili (a me piacciono i corsi che più misti non si può, non amo la sensazione di stare o in convento o in caserma); dice che fare scuola vuol dire insegnare; che la scuola si frequenta ma si marina anche (a Roma si dice ‘fare sega’; a Napoli, ‘fare filone’; a Bologna la scuola ‘si brucia’; a Genova ‘si va in camporella’; in Sardegna, ‘si fa vela’, e quest’ultima definizione è bellissima, dentro c’è un senso di libertà che non potrebbe essere meglio espresso); la scuola è anche ‘il periodo di tempo in cui si svolgono le lezioni’; poi dice che la scuola segue dei metodi pedagogici e per la scuola di tradizione usa i termini ‘intellettualismo’ e ‘formalismo’, che, comunque, a me non sembrano insulti.
La scuola è anche l’edificio.
Ci sono i compagni di scuola e i libri scolastici.
Scuola è anche un insieme di ‘pensatori, scrittori, artisti e scienziati’ che vanno d’accordo fra loro.
Scuola è ‘l’insieme dei discepoli di un grande maestro’.
Per le opere d’arte la definizione include spesso un giudizio riduttivo, nel senso che una cosa è di scuola se l’ha fatta un allievo e non il maestro e che invece non ha connotazione negativa la locuzione ‘della scuola di’, visto che, mettiamo, un dipinto della scuola di Raffaello non è niente male.
Nel medioevo c’erano le scuole che erano più o meno delle corporazioni.
A Venezia nelle scuole ci stanno ancora dipinti fantastici.
La nave scuola (funzione appositiva) ha la finalità di istruire e di addestrare (certe volte succede pure nelle faccende amorose e la Treccani lo sa benissimo pure se lo sottintende e basta).

I docenti del Bauhaus, Walter Gropius al centro

Insomma, ce n’è per farci non una sola lezione, ma un intero corso.
Io mi sono organizzata la mia scaletta e ho preparato tutte le immagini.
Ci ho messo per prima cosa i docenti del Bauhaus in grande spolvero.
Poi la tomba di Cino da Pistoia, che è stato un grandissimo maestro di Diritto e che voleva che si sapesse.

Tomba di Cino da Pistoia, 1350

Jean-Baptiste-Siméon Chardin, La giovane maestra, 1736

Rembrandt, La lezione di anatomia, 1632

Ho messo le cose aggraziate, per esempio, Chardin, e poi quelle dure, radicali e rivoluzionarie, per esempio, Rembrandt.
Adesso non vi sto a dire tutto altrimenti si guasta la sorpresa. Ma ho preparato le mie bibbie, ovvero un paio di libri ai quali attingo forza e consolazione nei momenti nerissimi (ci sono, eccome); qualche film; qualche cosa giocosa: dei biscotti a forma di animale che richiamano l’atmosfera dei primissimi anni di scuola; la cronaca di due cuoche inglesi bravissime (Alice Hodge e Ellen Parr, anzi, una inventa e l’altra cucina), che hanno messo su un ‘pop-up restaurant that turns school dinners into fine dining’, con una minestra con la pastina a forma di lettere dell’alfabeto, la lavagna, il nome The After School Club e pure il cappello da somaro per chi è proprio un disastro. 

Ho preparato quasi tutto.
Ora, però, devo prepararmi io, riordinare, per esempio, la mia esperienza, pensare alla differenza che c’è fra il fare scuola agli adulti o ai ragazzi, ai carcerati (ho fatto un’esperienza fondante nel carcere di Rebibbia con una cinquantina di detenuti di quelli tosti. Dopo di essa posso affermare che non ho alcun timore a entrare in una qualunque aula, ci fossero pure dentro le belve, sarei capace di domarle), a gente che sta già in professione e vuole migliorare la sua esistenza o a sfaccendati che devono tirare notte.
Devo ricordarmi di dire che la scuola è il posto dove rido di più, da una parte perché i miei studenti dell’Accademia di Napoli sono micidiali, dall’altra perché ridere a scuola non sta bene, quindi si ride ancora meglio.
Devo prendermi un appunto sul fatto che mai avrei pensato di insegnare mentre invece una mia compagna di università, con la quale rivedevo gli esami, mi diceva ma tu pensa che bello, continui ad andare a scuola, non perdi mai il ritmo che abbiamo da sempre e che, però, dopo, la prima volta che ho messo piede in un’aula e mi sono trovata tutte quelle facce in attesa davanti, ho pensato che insegnare fosse un mestiere geniale e senza confronti.

Devo rivedere un paio di cose e poi sono pronta.

Anzi, se poi un ministro (il mio sarebbe quello del MIUR, ma ce ne sono anche altri), fosse pure solo in pectore, mi legge e gli si accende una lampadina nella testa, per esempio gli viene l’idea di propormi una tournée dove io sottopongo a pubblici diversi la mia lezione, io ci sto.
Sarebbe fantastico, girare per l’Italia e incontrare la gente che ha a che fare con la scuola, che è tantissima, tutti, in qualche modo, ci stiamo dentro, e con tutti fare il punto della situazione.
Perché non è vero che la scuola italiana è conciata male, anzi, è verissimo, però ci sono possibilità di salvezza, perché non sono solo io a credere in essa e se uno ci crede, allora già stiamo un pezzo avanti, allora la scuola  ha un presente e un avvenire radioso, allora torna a essere quello che è stata per me, un luogo di formazione, di fantasia e di confronto, un mondo diverso rispetto a quello, che per me era chiuso e soffocante, della casa, il posto al quale pensare con affetto e nostalgia quando non ci si sta più dentro, perché gli anni trascorsi lì sono stati formidabili e che oh, quanto ci piacerebbe, poterli rivivere adesso.

 

2 Comments

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  1. Romana Peronaci

    18 marzo 2018 — 10:15

    Quanto hai ragione Rosella!!!!! Sara’ una lezione da far venire le lacrime … in tutti i sensi, un abbraccio, Romana

    • Rosella Gallo

      18 marzo 2018 — 10:17

      Romana carissima, ti ringrazio, domani tu sarai un po’ con noi, e come potrebbe essere altrimenti. Un saluto affettuoso a te e ai tuoi magnifici uomini

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