Reinhold Messner

Partiamo dal Sisifo del titolo.
Fondatore e sovrano di Corinto, è famoso per la furbizia e la fraudolenza.
Arrivato, come prima o poi capita a tutti, nell’Ade, viene condannato a portare sulla cima di un monte un grosso macigno che, una volta arrivato in vetta, rotola di nuovo a valle.
Pensiamo a quanto Sisifo c’è in ognuno di noi.
La casalinga per prima, e sto parlando di quella diligente, non di quella che non fa niente dalla mattina alla sera, che vede disfatto in due passaggi distratti tutto il suo lavoro.
Ma anche lo chef, che vede spazzare via in venti minuti l’impegno di ore.
Dunque, a noi la punizione di Sisifo sembra feroce, condannato come è lui a fare una cosa assurda e inutile.
Fino a che non intervengono a farci cambiare idea due uomini singolari, che di cose assurde e inutili se ne intendono.
Uno lo abbiamo già incontrato la settimana scorsa ed è quella specie di orso che si chiama Reinhold Messner e che fa l’alpinista.
Non c’è niente di più inutile dell’alpinismo.

Il protagonista de Il riposo del guerriero, il flamboyant e alcolizzato Renaud Sarti, lo dice molto chiaramente: «Ho scoperto e esplorato qualcosa di più profondo dell’Himalaya…ci ho piantato dentro la mia bella bandiera, che vale bene quella di una nazione…Bella conquista la mia. Il tipo con i suoi otto chilometri di altitudine si trova arricchito di niente altro se non della sua miserabile vanità e deve solo, parola mia, ridiscendere i suoi chilometri per dirlo agli altri; otto meno otto uguale a zero».
Non fa una piega.
Meglio, non farebbe una piega se qui non cominciasse a parlare l’alpinista, quello vero.
Che ci ricorda come le montagne siano «fredde, ostili, pericolose» e che prima della Rivoluzione francese nessuno andava in montagna, «né per piacere, né per curiosità».
L’alpinismo è una creazione culturale e le prime esperienze, spesso segnate da morti, furono guardate dalla stampa con sarcasmo: che motivo c’è di mettersi a imitare le scimmie e gli scoiattoli.
Eppure «la simbologia religiosa e metafisica della montagna irradia da tempi lontani». Tradizionalmente è in alto che avviene la comunicazione con il divino.
Vedi Mosè, che riceve le tavole dei dieci comandamenti sul monte Sinai; Maometto, che si ritira in una grotta sullo Jabal al-Nour, dove l’angelo Gabriele gli trasmette le prime rivelazioni della parola di Allah; Budda, che va a meditare in terre elevate, dalle quali riporta delle visioni.
Quella di Messner è un’intervista, condotta da un altro personaggio che accende la fantasia.
Sylvain Tesson, scrittore-viaggiatore, appassionato di scalate, ha fatto il giro del mondo in bicicletta; ha percorso tremila chilometri a cavallo in Asia centrale; ha vissuto per sei mesi in una capanna in Siberia, sulla sponda del lago Bajkal; ha attraversato la Francia a piedi in diagonale, sud-est e nord-ovest.
E ha scalato più volte i monumenti gotici francesi.
E la Tour Eiffel.
Poi una sera, dopo un dîner arrosé, arrampicandosi sulla facciata dello chalet di un amico che lo ospitava, è caduto da una decina di metri: uscito dal coma, se l’è cavata con una ventina di fratture.
Ancora oggi ha i postumi di una paralisi facciale.

Sylvain Tesson

Lo scrittore-viaggiatore, che viaggia bene e scrive, se possibile, anche meglio, dice che «l’altitudine ha un valore strategico innegabile» e che gli uomini sanno da sempre che salendo si acquista potere.
Dai due metri della sella del cavallo, alla torre dalla quale il principe governa, fino ad arrivare, aggiungerei, ai grattacieli, modo moderno di guardare il mondo dall’alto in basso.
Fare dell’alpinismo, mettersi in pericolo, è un gesto assurdo.
Ma è assurda la vita e l’assurdità di quel gesto significa alzarsi al di sopra di tutto questo.
«La maniera in cui un essere singolare oppone la bellezza di un gesto all’assurdità della vita porta un nome: è quello che si chiama lo stile».

I due vanno d’accordo, si intendono sulla base dell’audacia e del coraggio e su quella della «vita nuda», come la chiama Messner, perché quando sei a 4.000 metri di altezza a -45°C, devi trovare dentro di te le risorse per sopravvivere e devi assumerti la responsabilità di te stesso.
Immagino anche quando stai lì nella tua capanna siberiana, con una scorta di vodka e di sigari e devi decidere che cosa fare oggi e pure domani.
Non immagino, perché lo so, anche quando stai a vivere facendo cose ben meno pericolose ma ugualmente assurde.
E qui entra in ballo la felicità di Sisifo: «La lotta in sé verso le vette è sufficiente a riempire un cuore di uomo. Bisogna immaginare Sisifo felice» perché c’è una felicità autentica nell’accettare pienamente l’assurdità dell’esistenza invece di negarla, facendo finta di credere che tutte le nostre azioni hanno un senso e sono utili.

Trovo tutto questo liberatorio e consolatorio a un tempo e mi rimetto al lavoro.

Giovedì 13 maggio attacco un vassoio di tre Sorbetti (op. 53; op. 54; op. 55) e vado a indagare L’artista e il suo atelier, e mi infilo, e vi invito a seguirmi, nel luogo della creazione, nel cuore, dal quale tutto inizia, di quel percorso complesso e magico.

Lunedì 31 maggio alle 18:00 siete tutti invitati a partecipare all’Episodio pilota della Miniserie di giugno American Beautytitolo di un film e nome di una rosa e, da quest’anno, dei quattro appuntamenti (lunedì 7; lunedì 14; lunedì 21 e lunedì 28) tutti dedicati all’arte USA dei primi anni del secolo XX, in parallelo a tutto ciò di europeo di cui a fine mese avremo finito di occuparci nelle tre Stagioni del lunedì, organizzate come una serie televisiva.
State bene e fate, senza preoccuparvi, cose assurde. Ormai sappiamo che esse hanno qualcosa in comune con l’arte e che quel qualcosa è lo stile.
E, come recitava il motto di un dandy, la vita, o è stile o è errore.

* L’idea di Sisifo felice è di Camus, ma è citata da Messner. Se pensavate, un po’ come facevo io, che i montanari avessero la testa dura, nella quale faticano a entrare (e a uscire) dei concetti, sono, siamo costretti a cambiare idea. Ecco un intellettuale, autentico
** C’è un altro amico nostro che si è occupato del dannato col macigno: «Per sollevare un peso tale, Sisifo, ci vorrebbe il tuo coraggio. Per quanto si lavori di buona lena, l’arte è lunga e il tempo è breve». Charles Baudelaire, e chi altri
*** L’illustrazione di apertura è di Lorenzo Rocco, che ringrazio sempre per tutte le cose belle che produce per dare un’immagine bella a quello che faccio
**** L’assistenza tecnica è di Virgilio Piccardi, la cui pazienza e la cui presenza sono tali da farmi pensare che pure lui deve aver riflettuto a lungo sul tema dell’assurdità della vita. E che le abbia abbracciate, l’assurdità e la vita, l’una e l’altra