RIMEDI, 1. POLPETTE PER CUORI INFRANTI

Le mie polpette per cuori infranti

Solo alla morte non c’è rimedio

Esami, la sessione più recente.
Quale sia stato il motivo per cui l’atmosfera è diventata confessionale, non è dato saperlo. Fatto sta che gli studenti, praticamente tutti, sono venuti a raccontarmi i fatti loro.
Prima non era successo.
Delle due, l’una: 1. La responsabilità (il merito, la colpa) era dell’aula nuova dove ci eravamo sistemati. 2. Avevano avuto bisogno di tempo per fidarsi.

Una ragazza dice subito di essere bulimica.
Si alza di notte e vuota il frigorifero. Ma non finisce lì, perché il vero problema è la zia, sorella della madre, cui lei assomiglia molto.
La donna, quarantenne, vive da sempre fra problemi di cibo e di uomini.
Cibo e uomini, come è noto, fanno da sempre bon ménage.

Io sono di quelli che cercano soluzioni.
Io sono di quelli che credono più nella letteratura che nella psicologia.
Quindi le dico proviamo ad approfittare dell’ossessione, canalizziamo tutto il cibo con cui vieni a contatto, fatti un corso di cucina ad alto livello e comincia a cucinare professionalmente.

Quanto alla zia, falla fuori.
È difesa.
Ed è legittima.
Non puoi vivere avendo davanti un uccello del malaugurio che ti dice che fra vent’anni tu continuerai ad avere problemi di cibo e di uomini.
Non so se la studentessa abbia seguito i miei consigli, fosse solo in parte.

Per anni e a più riprese sono stata una di quelle donne che io per prima trovo odiose, quelle che buttano giù una tazza di latte e due biscotti al giorno, io vivevo di una tazza di tè, poche decine di grammi di riso all’inglese, petto di pollo ai ferri.
Una foglia di insalata.
Il tutto fra medici involontariamente crudeli che mi dicevano di andarmi a fare un bel piatto di fritto misto o che mi scrivevano sul ricettario un elenco di ristoranti da provare.
Come si sta con così poche calorie in corpo.
Si vive lo stesso, io, poi, facevo una vita che avrebbe stroncato un soldato di vent’anni, reggevo ritmi professionali che incutevano paura, pensavo a Santa Caterina da Siena che si faceva bastare l’eucarestia ogni quindici giorni e mi sentivo molto ricca spiritualmente, distaccata com’ero dalle bassezze della tavola.

Quando decisi che era tempo di tornare a mangiare dovetti fare i conti con parecchie cose e anche scendere a patti con l’immagine che avevo di me stessa.
Ci riuscii in un arco di tempo piuttosto lungo e sempre perché uomini e cibo fanno da sempre bon ménage.
Per mangiare, bisogna cucinare.
Quindi mi cominciai a procurare libri di cucina, i grandi classici e quelli che erano belli da vedere.
Sfogliavo libri di cucina come gli uomini frequentano siti porno, per stuzzicarmi l’appetito, per convincermi che le cose interessanti accadono anche a tavola e non solo quando a tavola si conversa.
Cominciai a interessarmi alla relazione arte/cibo, feci seminari, studiai a fondo l’argomento.
Oggi sono una donna sana, mangio tre volte al giorno, faccio colazioni robuste, pranzi inesistenti, cene nel corso delle quali sembro normale.
Anche se mi sono dovuta far raccontare che cos’è la gola perché non lo capivo.
Anche se le pasticcerie mi lasciano indifferente.
Anche se basta una passata di influenza o un dispiacere per rigettarmi nella situazione che conosco e devo fare la fatica di allontanare il pensiero che starei meglio con cinque chili di meno addosso.

Mi piacciono le polpette.
Le trovo ludiche, versatili, costano dieci volte meno di una bistecca, sono cosmopolite, stanno in tutte le cucine, meatballs in inglese, boulettes in francese, tu vai da Ikea e capisci che ci stanno pure in Svezia, e anche in Germania, le polpette sono declinabili all’infinito, mia madre le faceva nel latte con una foglia di alloro, io ci metto anche una grattugiata di noce moscata, ci sono polpette di verdure e di pesce, ho anche mangiato polpette fatte col bollito, mi sembra un po’ un eccesso di zelo.
Comunque mi rimprovero tutte le volte che le compro già fatte, per esempio le vendevano alla Conad vicino a dove ha lo studio il mio oculista, il prezzo era tale da farmi pensare che fossero confezionate con carne di primo taglio, ogni volta che andavo a fare una visita di controllo, come in un rituale, passavo anche a comprarle, ho smesso solo perché devono aver cambiato l’impasto, insomma, sono più buone le mie.

E poi non ci vuole niente a farle.
Soprattutto leggendo il mio libro di cucina più divertente, se ve ne ho già parlato, poco importa, stasera voglio proprio darvi la ricetta.
La cuisine réconfortante pour restaurer les coeurs brisés, ovvero La cucina riconfortante per riparare i cuori spezzati è un quadernetto che tengo sempre a portata di mano.
Non si sa mai.

Clara Bigel, Cuisine réconfortante pour restaurer le coeurs brisés

Io sono una sentimentale, quindi il cuore mi si spezza facilmente e figuriamoci se, con i presupposti di cui sopra, mi consolo mangiando.
Ma il mio librino propone piatti lillipuziani, semplici, giocosi, allusivi, mescola il peperoncino con le spine delle rose (se son rose, pungeranno); usa le spezie per far esplodere la collera; suggerisce di acquistare nuove stoviglie e di buttare al secchio tutto ciò che ricorda lui;  chiarisce che l’alcol è pericoloso per la salute ma che anche i dispiaceri d’amore lo sono; propone giochi di parole, rimetti insieme le briciole e fai un pane, insomma, metti le mani in pasta; coniuga uno smoothie e il cervello che va in marmellata (ah, i ricordi); diventa malizioso, se ti manca la sua brioche, preparatene una alla cannella; accompagna il gusto amaro della rottura con una crema al cioccolato fondente; mette cerotti dappertutto, a reggere le liste di ingredienti, a supportare la targhetta con il titolo; ti dice di tenere occupate le mani così non gli mandi messaggi e non controlli sui social che fa; ti invita ad andare a suonare alla porta di un vicino se ti manca un utensile perché non si sa mai.
Dedica un capitolo alla riconquista del mercato, che è rappresentato un po’ da un gagliardo verduraio, un po’ dal nuovo apollo, per ricevere il quale a casa tua ti basterà raddoppiare le dosi delle ricette.

Ma veniamo alle polpette.
Di seguito, in corsivo, il testo : 

Ingredienti per le polpette per cuori infranti

100 gr di carne macinata
1 cipolla piccola
1 uovo
olio d’oliva
2 cucchiai di pangrattato
prezzemolo (idealmente non surgelato)
sale e pepe

  1. Fai rosolare la cipolla a fuoco dolce fino a che non diventa trasparente (almeno, evita di farla bruciare)
  2. In una ciotola, con una forchetta, unisci l’uovo alla carne tentando di arrivare a un mélange omogeneo
  3. Trita il prezzemolo e aggiungilo alla carne con la cipolla. Aggiungi il pangrattato, condisci e mescola il tutto
  4. Forma delle pallette  della grandezza che preferisci (generalmente io faccio delle pallette piuttosto piccole perché sono più fotogeniche) che tu appiattirai poco prima di cuocerle in padella come una classica bistecca (Rassicurami…Tu sai almeno cuocere una classica bistecca…)

Le polpette per i cuori infranti si possono servire con delle verdure o con delle paste. Io ho scelto la prima soluzione.
Le ho accompagnate anche con una salsa Ketchup.

 

Se volete sapere che bottiglia ho aperto, vi dico che ho un po’ esagerato, dovevo festeggiare una buona notizia e poi le bottiglie, lasciate lì, non si sa che diventano.
Dunque, ho messo in tavola quella che mi hanno regalato ieri.

Io vivo un po’ così, pensando che forse domani chissà se ci sono e chissà se ho voglia di mangiare e di aprire una bottiglia.
Con i miei precedenti.

Come è andata la cena?
Benissimo.
E come va il cuore?
Ah, quello.

Ma stiamo all’interno di una collana, o ciclo, o sezione o come vi pare, che si occupa di rimedi.
Vi metto Le remède di Antoine Watteau.

Antoine Watteau, Le remède

Artista singolare del rococò, fra i più enigmatici, elusivi e malinconici della storia dell’arte, diciamo pure che è stato l’ispiratore di questa serie che comincia oggi.
Con i rimedi al mal d’amore, ovviamente.
Per i quali, è il caso di dire che il mondo è pieno di brioche alla cannella, oh, perdonate, il mondo è pieno di uomini profumati, capaci di sostituire quello che vi ha spezzato il cuore.
E, fra noi, utilizziamo le polpette come pegno, promessa, metodo, via di fuga: dal dolore e dal pianto.

 

4 Comments

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  1. Rossella Racioppi

    14 gennaio 2020 — 22:59

    Ti adoro!!!

    • Su, su, dai, che dici, comunque, grazie, come sempre, noi con tanti argomenti comuni, comprese le polpette

  2. J’ai adoré … 🙏

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