Andreas Gursky, 99 Cent, 1999

«Massimiliano».
Si chiamano tutti Massimiliano.
Il mio parrucchiere.
Il mio unico nipote (carinissimo).
Il direttore del supermercato.
La colpa è di quella e sottolineo se. È stata lei per prima a chiamare il figlio Massimiliano.
Comunque questo Massimiliano qui è il direttore del supermercato.
Io  vedo lui, sta da solo a sistemare i barattoli di marmellata.
Mi dico adesso vado a farci due chiacchiere.
Lui vede me e comincia a battere con l’indice sul polso e mi fa: «È un po’ che non ci vediamo, mica va bene».
«Sono venuta quando lei non era di turno», butto lì.
In cattiva fede totale, visto che sono andata in un altro supermercato.
Ma come fai a dire a un uomo, così su due piedi, «Ti ho tradito».

Gli chiedo «Come va?».
Mi risponde come di solito mi irrita che mi si risponda.
Ma, pure se vuole la domanda di riserva, con lui mica mi irrito.
Gli chiedo «Come va il nuovo taglio di capelli?».
«Il ciuffettino?» mi fa lui. Ha i capelli cortissimi con un ciuffettino.
«Le sta benissimo, sembra un ragazzo».
Si mette a ridere, da dietro la mascherina.
«Le posso parlare?».
La mia cattiva fede persiste, ci sto già parlando.
E allora tiro fuori dal carrello un pacco di spaghetti non della mia marca e gli dico: «Questa è una perversione», e sottolineo perversione come quella sottolinea se.
Lui, che è uno che ha fatto la terza media, ha cominciato a lavorare a quindici anni al banco del pane e che ha fatto tutta la carriera, lui che è uno sveglissimo, si sveglia ancora di più.
«È una perversione» e sottolineo perversione come quella sottolinea se.
«Lei sa qual è la mia marca prediletta. Ebbene, di quella marca avete solo spaghettini, spaghettoni, linguine e altri formati dementi. Se non è perversione questa» e sottolineo perversione come quella sottolinea se.
«Dovreste avere solo spaghetti e niente altro».
Lui è d’accordo.
E mi dice che hanno mandato gli spaghetti in offerta, che li hanno finiti e che non li mandano più.
Mi dice che forse c’è un negozio che li ha presi tutti.
«Se lei mi dice qual è il negozio, vado a comprarli là».
A proposito di tradimenti.
Ma come fai a dire a un uomo dimmi come e dove posso tradirti.
Non ci crede e ride.
Ma non ho finito.
Metto giù gli spaghetti e tiro su dal carrello una confezione di due piccole scatole di latta, girly e carinissime, con dentro i pomodori preferiti da me e da Bottura.
(Se Bottura dice che sono buoni, sono buoni punto e basta).
«Vede – gli dico – non sono quelli che prendo sempre, quelli che prendo sempre hanno scritto qui Dolce». E sottolineo Dolce come quella sottolinea se.
E passo il dito sul cartone e vedo benissimo che lui segue il mio dito con attenzione.
«Qui c’è scritto Teneri e Dolci e invece io prendo quelli dove c’è scritto solo Dolce». E sottolineo Dolce come quella sottolinea se.
«Inoltre, i miei sono Datterini Polpa in pezzi» e sottolineo Polpa come quella sottolinea se «e questi sono solo Datterini pelati».
Metto anche un po’ di broncio.
Trovo le donne che mettono il broncio cretine e in più ho la mascherina.
Ma ormai sono convinta che gli uomini, così come sanno guardare attraverso i vestiti, sappiano guardare attraverso la mascherina.

X-Ray

Forse hanno incorporati negli occhi quegli occhiali a raggi X che da ragazzina vedevo nelle pagine finali di Diabolik, dopo la barzelletta e gli annunci Cerco numero 1 Il Re del Terrore.

Per farla breve.
Mi prende lo scrupolo perché vedo tutti i barattoli di marmellata che lui deve sistemare, però non gli risparmio l’attacco finale: «Vengo qui da lei e non trovo niente».
E sottolineo da lei come quella sottolinea se.
E lo dico col broncio, seppure sotto la mascherina.
«Non dica così. Ha trovato me», mi stende lui.
Finisce in una risata.

Finché ci saranno uomini con i quali si potrà giocare con le parole, ci sarà vita.
Ci sarà gioco.
Ci saranno uomini.

Ci saranno parole.