La casa è bellissima.
Su come la voleva, lei era stata molto chiara: «mediterranea ma non rustica, femminile ma non girly, minimalista ma non fredda».
La ricetta, stiamo parlando di ricetta, non sembra nemmeno male per tanto altro.
Si tratta di una five-bedroom Victorian terrace, dunque di una dimora prestigiosa che, stando pure a Londra, ha certamente avuto costi all’altezza.
La casa ha una tavolozza chiara con squilli di rosso e di rosa, design industriale con note giocose, ha curve, forme astratte e la camera da letto è introdotta da una tenda scarlatta lunga fino a terra.
Come ha potuto una giovane donna permettersi un simile appartamento?
Semplice, vendendo popcorn.

Ora vi racconto.

È finalmente uscita la mia rivista inglese di decorazione d’interni.
Ha saltato un mese.
Quando qualcosa di mensile salta un mese, non è mai buon segno, certe volte ti puoi pure accorgere di essere incinta.
L’edicolante di via Veneto più o meno mi ha detto accontentati, il distributore del Lazio è fallito, l’attività è stata rilevata da altri, che stanno cercando di organizzarsi.
Se salto un mese della mia rivista, sto a disagio.
Per esempio, non so più che cosa va di moda a Londra, lì le mode si rincorrono a rotta di collo, sapere che ristoranti aprono, che caffè sono frequentati e da chi e che musei stanno rinnovando mi solleva dall’occuparmi dei ristoranti, dei caffè e dei musei miei.
E di chi li frequenta.
Non vi sembri poco.
Aspetto sempre che esca la mia rivista. Stavolta non saprò mai che cosa stava accadendo nel mese di giugno, siamo saltati a luglio e sulla copertina spicca di nuovo l’invito a una «summer staycation».
Tasto sul quale battono da un pezzo, insomma, l’estate, le vacanze è meglio se te le fai a casa tua, soprattutto di questi tempi.
Certo, stare in una casa come quella che vedo subito sfogliando la rivista a un semaforo è già una vacanza.
Mi sono così immersa nella lettura che quello dietro mi ha dovuto suonare il clackson.
Ma con delicatezza.
I romani sono irriconoscibili. Non dico che siano diventati cortesi, dico che in passato il suono delle trombe sarebbe stato ben più prepotente.
La signorina è giovane e dieci anni fa ha avuto un’idea, come dicono loro «a lightbulb moment».
Non riesco a crederci: l’idea era di mettersi a produrre popcorn.
Ovvio che se fosse stato per me, lei con il denaro ricavato dalla sua idea non si sarebbe potuta permettere nemmeno l’affitto di una panchina al parco: non ho mai mangiato popcorn in vita mia, mi fanno impressione, da ragazzina mi sembravano enormi molari cariati, adesso l’odore mi infastidisce.
Per non parlare di quanto mi infastidisce il resto, per cui un bel giorno ho deciso di mettere una bella pietra sopra al cinema che ho dietro casa, circa cento metri, e che si chiama come una zona di Versailles, perché andando al penultimo spettacolo ho trovato la sala con a terra uno strato alto una ventina di centimetri di buste di plastica vuote, bicchieri di carta, bastoncini di gelato e altra robaccia e ho provato a chiedere alla maschera ma scusi, che è successo e quello ha alzato le spalle e mi ha detto che c’erano stati dei ragazzi. D’accordo, però o pulite fra uno spettacolo e l’altro e non fate consumare cibo e bevande all’interno.
Il tipo ha alzato di nuovo le spalle.
Ci sarebbero voluti gli anfibi, quelli pesanti.
Non vi sto a raccontare il mio stato d’animo ogni volta che passo davanti al cinema, che è chiuso da un pezzo e che espone un cartello che dice più o meno riapertura in data al momento non identificabile.
Un moto di dispiacere mi investe.
Voglio proprio vedere se alla riapertura sanificate sulle buste dei popcorn.
Per non parlare della programmazione, pessima.
Un anno, a luglio, fecero una cosa geniale: tutte le sere a due euro un film di repertorio o della stagione che andava chiudendo.
Aria condizionata accettabile.
Orario strategico.
Quell’anno andai al cinema tutte le sere, un po’ come facevo da ragazza.
L’iniziativa morì lì, non erano contenti.
Forse le vendite di popcorn languivano.

Quanto mi dispiace se non riaprono.

Ma stavamo parlando di altro.
Sono sempre divertita davanti ai modi che ha la gente di fare soldi.
Alcuni non riesco proprio a spiegarmeli.
Non è che puoi andare da una persona a chiedere ma tu i soldi da dove li prendi, non sta bene, è maleducazione, però si può per esempio intuire che abbia soldi di famiglia.
Sì, però, chi è stato il primo in famiglia a fare soldi.
Insomma, pure nelle famiglie più inette e da inetti popolate, all’inizio ci deve essere stato qualcuno in gamba.
Per esempio, guardo sempre come spendono i loro soldi i calciatori: sempre giovani, spesso con una scarsa preparazione culturale alle spalle, di botto si ritrovano ricchissimi.
A me i calciatori stanno simpatici, non mi viene mai in mente che guadagnano troppo. Hanno un prezzo di mercato e con il mercato non puoi prendertela.
Inoltre hanno talento.
(Se avessero talento tutti quelli che fanno la radio, la radio farebbe solo bei programmi. Invece).

Zlatan e Karl

Ma torniamo ai calciatori, di cui leggo sempre le interviste.
E mi colpì Ibrahimovic, che vi faccio vedere durante il servizio fotografico che gli fece Lagerfeld e che raccontava di quando lui ragazzino, in Svezia, figlio di immigrati, stava confinato nel cortiletto di casa e tirava calci al pallone lanciandolo contro il muro cambiando continuamente potenza, modi e angolazione perché si annoiava.
Cioè, dalla noia si è affinato il talento.
Essendo io una torturata dalla noia, sempre e in ogni momento, ho trovato questa cosa geniale.
Se lui fosse stato libero di muoversi, non se la sarebbe presa, prendendolo a calci, con il muro.
Che cosa ha fatto Ibra con i soldi? Per prima cosa si è comprato una macchina potente.
La medesima cosa che farei io: una di quelle macchine che quando passi per strada fanno voltare le donne, io guardo sempre chi c’è al volante delle macchine potenti.
E sempre mi chiedo ma questo con quali soldi si è comprato questa macchina.

Ma parlavamo di popcorn.
Quattro milioni di confezioni al mese vendute in UK.
Un team di quaranta persone di base a Londra.
Un mercato che si estende in quindici paesi.
Un mercato di popcorn.
A me non sarebbe mai venuto in mente, non mangio popcorn.
Però vedo che le buste sono bellissime, veri progetti grafici di artista e che i sapori sono molto variati

Ho anche guardato se erano in vendita in Italia.
Amazon propone una confezione da 90 grammi a € 9,99 + € 11,75 di spedizione.
Insomma, con poco meno di € 22,00 ti sei assicurato una seratina sgranocchiante davanti a un film.
E la partecipazione, almeno morale, a un’avventura di imprenditoria carica di promesse.

Stasera ho deciso di passare in rassegna tutti i miei gusti e di vedere se per caso non ce n’è qualcuno dal quale io possa trarre qualcosa di buono.

E per la prima volta in vita mia, penso che ho fatto male a non mangiare popcorn.
Casomai mi veniva a me, l’idea.
(E in quella casa, adesso, ci stavo io).