Pan e la capra, sec. I d. C., part.

Le intenzioni. Ho lavorato a una versione spigliata, scapricciata e alleggerita, insomma: marzaiola, della Newsletter.
Solo biglietto e notizie.
(Io come zodiaco sono tutta marzaiola, segno e ascendente, quindi so di che parlo).
Ma, come dice la bella introduzione di un bel libro che sto leggendo, «Si è fatto tardi. Andiamo».
Dunque, seguitemi.

Biglietto n° 23: il gruppo marmoreo di Pan e la capra (sec. I d. C.). Una volta sono andata per il mio viaggio di studio estivo a Bordeaux.
La mia idea era di vedere tutti i luoghi d’arte e di bere benissimo.
Stavo in una grange un po’ fuori città.
La grange sarebbe in teoria un fienile o un granaio, ma può essere ristrutturata, con dei risultati che, almeno quella volta, erano di un’eleganza impeccabile.
Una mattina, aprendo la finestra della mia camera, e tutte le camere erano al piano terra, con una situazione indipendente, una mattina, dicevo, mi sono trovata davanti due pavoni che mi guardavano.
Lui, bellissimo; lei, un po’ meno.
Io non penso male dei maschi vanitosi, anzi, se non superano i limiti, li trovo divertenti.
Avevo noleggiato una macchina, rigorosamente francese per intonarmi allo spirito del luogo, uscivo la mattina e rientravo per cena.
Sulla strada c’era un boschetto e già il primo giorno mi ero fermata a guardare delle caprette che pascolavano.
Una di esse mi venne incontro, decisa e diretta, mi dette una testatina e io capii che voleva essere grattata fra le corna.
Cosa che feci volentieri.
Strappai anche un po’ di erba dal prato e gliela porsi.
Lei scacciò tutte le compagne e si mise a mangiare dalla mia mano, cosa quasi insensata, visto che l’erba era tutta a sua disposizione.
Ho detto quasi, perché pure le caprette capita che siano sentimentali.
Due volte al giorno, andata e ritorno, mi fermavo da lei e sono sicura che lei riconosceva il motore della macchina, perché mi veniva incontro trotterellando ad andatura sostenuta e mi porgeva subito la testa da grattare.
Gli addii furono strazianti, ammetto che pensai anche di trasferirmi a Bordeaux, la città è bella, aristocratica, un po’ fuori dai circuiti turistici.
E si beve benissimo.
Però, con quello che avevo da fare in Italia.
Pensavo però alla capretta che mi aspettava e questa cosa mi faceva stare male.
Quando sarò (molto) vecchia, me ne andrò a vivere in campagna e mi prenderò una capretta, un po’ nello spirito della pastorelleria rococò.
Nel frattempo ho sviluppato una simpatia per questi animali e non sfugge alla mia attenzione il bellissimo gruppo di Pan con la capretta sua, esposto nel cosiddetto Gabinetto segreto del Museo Archeologico di Napoli.
Che io continuo a chiamare così e non MANN, perché trovo demente questa cosa di chiamare i musei con un acronimo (***), se non si cambia il nome alle barche e ai cani dell’allevamento, tantomeno il nome andrebbe cambiato a queste istituzioni insigni.
A Napoli, poi, bastava dire Museo, pure al tassista, e tutti capivano.
Adesso, chissà.
Ma chi è Pan.

Pan e la capra, sec. I d. C., part.

«Divinità greca dei boschi e dei prati, delle greggi e delle mandrie», il greco Πάν (= tutto) permea di sé ogni cosa.
Vive in Arcadia, un po’ la regione del Peloponneso, un po’ di più il paradiso romantico dei poeti pastorali. Questo luogo è abitato da ninfe e da pastori e, evidentemente, anche da animali, visto che nell’opera del biglietto di oggi egli si intrattiene con una capretta.
Si intrattiene nel senso che ci fa l’amore, in un’atmosfera squisita di complicità e di languore, con lui che tiene lei per la barbetta, i due, che non è che siano del tutto umani, anzi, che sono però disposti come gli umani sono disposti spesso, vis-à-vis.
Se lei non avesse gli occhi socchiusi, i loro sguardi sarebbero fissati l’uno nell’altro.

Pan e la capra, sec. I d. C.

Il dio ha il volto caprino, orecchie a punta e corna e ha ereditato da Dioniso i piedi, anch’essi caprini.
Perché Pan fa parte del suo seguito, in compagnia di satiri, menadi, di Sileno, Priapo e di centauri.
Si capisce al volo, no?: tutta brava gente.
La composizione di Pan con la capra è come chiusa in un parallelepipedo e misura cm 44, 2 x cm 47,5, è cioè piccola ma non è un soprammobile.

Pan e la capra, sec. I d. C.

Viene dalla Villa dei Papiri di Ercolano e viene dal grande peristilio, tutto articolato intorno al tema dionisiaco.
Guido Piovene, nel suo Viaggio in Italia compiuto fra il 1953 e il 1956, racconta di aver incontrato a Napoli l’indimenticato archeologo Amedeo Maiuri, che gli ha fatto da mentore per la sua personale scoperta della città partenopea e dei luoghi sepolti dall’eruzione del Vesuvio del 79 d. C.: «Ercolano distrutta dalla lava, che essendo di passo più lento, permise agli abitanti la fuga», lava che però poi, pietrificata, ostacolò gli scavi.
Quando il gruppo scultoreo venne ritrovato, considerato subito «cosa lascivissima», fu chiuso nell’armadio del restauratore Canart.
L’inaugurazione nel 2000 del Gabinetto segreto gli ha restituito una piena visibilità, anche se il turbamento non è cessato.
Basta dare un’occhiata all’account Instagram del Museo, dove un post del 18 marzo del 2020 è commentato dal pubblico in modo salace o scandalizzato, anche con invocazioni alla censura.
Cosa che lascia i due innamorati del tutto indifferenti, indaffarati come sono, lui, ghignante, lei, belante, a conoscersi, frequentarsi, dimostrare al mondo che in amore tutto è possibile.
Ma che volete di più.

Le notizie. Lunedì 14 marzo alle 18:00 ho ripreso il superclassico Corso di storia dell’arte, seppure con un ritardo epocale.
Dunque, la Stagione stavolta è unica, con soli 11 Episodi e il titolo è Fare ordine nel disordine: Suprematismo (Russia); De Stijl (Olanda); Bauhaus (Germania).
Giovedì 17 marzo è la volta dell’op. 69, il Sorbetto erotico.
Ripeto e confermo che il numero è venuto fuori da solo, perché da soli si fanno i Sorbetti, che sono fra le cose migliori che io abbia prodotto in professione.
Stavolta, guidati da Platone e da Roland Barthes, che sono coloro che meglio hanno raccontato Eros in tutte le sue forme, andiamo alla ricerca dell’espressione intima e privata dei nostri artisti, occidentali e orientali.
Non potevo non introdurre il Sorbetto con l’Amor di Caravaggio, impertinente, impudente, sfrontato, divertito: vincitore.
Qui, un particolare.

Caravaggio, Amor vincitore, 1603, part.

Per l’insieme e il resto, venite a degustare con me, in diretta o in replay, il Sorbetto.

Il titolo. Le logopediste dicono che fa male parlare sottovoce.
Che fa male parlare a voce alta.
Che fa male il fumo, l’alcol e il raclage e che, se ti devi schiarire la voce, è meglio un colpo di tosse.
Ma fa male anche la tosse.
A me fanno male le logopediste.
Per dimostrare, però, che non ce l’ho con loro, dedico alla categoria, ma dedico soprattutto a voi, Parla più piano, dall’immortale colonna sonora del Padrinoqui nell’interpretazione di Jonas Kaufmann.
A me i cantanti lirici alle prese con la musica leggera non piacciono.
Troppo melodrammatici.
(Appunto).
Pure stavolta non faccio eccezione.
E Kaufmann lo preferisco quando canta Verdi o Puccini.
Però lui è sempre un gran bel vedere e la faccia invasa dallo stupore di quella ragazza in platea, catturata dal regista, è impagabile e lo stupore è sempre un gran bel sentimento.
E lei è costretta anche a riprendere fiato, come se lui il fiato glielo avesse tolto.
Del tutto d’accordo.

State bene e fate cose che possiate raccontare sottovoce, di solito sono le cose più belle che si possano fare.

* L’illustrazione di apertura è di Lorenzo Rocco


** L’assistenza tecnica è di Virgilio Piccardi
*** «L’Italia di Mussolini e la Germania di Hitler moltiplicano questi acronimi dove l’individuo sparisce nella sigla del corpo di cui formava il tessuto. L’acronimo è la forma attenuata della matricola, che si tatuerà sull’individuo deviante», Jean Clair, Journal atrabilaire, 2006
**** Il Museo di Napoli compare nel Viaggio in Italia (1954) di Rossellini.

Roberto Rossellini, Viaggio in Italia, 1954

Certo che Ingrid Bergman, svedese, alta come spesso sono alti i nostri uomini e vestita da Fernanda Gattinoni, nell’incendio di umori partenopeo sembra una presenza un po’ stranita. Però proprio da questo contrasto esce fuori il senso del film: il confronto fra una coppia in crisi amorosa e i legami che nemmeno la catastrofe dell’eruzione del Vesuvio è riuscita a sciogliere. Tipo il legame di Pan con la sua capretta