Fleur Bleue, da La Botanique de Jean-Jacques Rousseau

Ero fatto per esserti fedele
ma tu mi sei passata davanti
come un treno che non ferma
così lo scambio mi ha deviato sul binario
dei traditori e dei puttanieri
(Michele Mari, Cento  poesie d’amore a LadyHawke)

Quadro I. – Pinkerton e Butterfly. Di loro non mi interessa che lui sia un giovane tenente americano, rapace e portatore di un «facile vangelo» e che lei sia una giapponesina di quindici anni, che viene da una famiglia che ha subito un rovescio di fortuna.
Di loro mi interessa la notte di nozze, il brano più sensuale mai composto.
Lei ci crede. Ma ci crede pure lui. Lo dice il libretto, ovvero le parole, ovvero la sceneggiatura, ma lo dice anche la musica.
Insomma, non è come nella Turandot in cui lei a un certo punto dice una cosa e ne vuole intendere un’altra ed è la musica a rivelarcelo.
E come si fa a capire: a orecchio. Oppure con l’esperienza. O, meglio, a istinto, l’istinto di solito non sbaglia.
Finirà tragicamente, con lei suicida e lui che era tornato a trovarla dopo anni e in compagnia di un’altra.
Che cosa è successo. Quello che ogni tanto succede: che ci credevano entrambi, poi lei ha continuato a crederci e lui non ci ha creduto più.

Inizio dell’Intermezzo 1. Ci sono sere che vengono fuori storte, durante e dopo. Durante te ne accorgi mentre ci stai e non vedi l’ora che finisca. Dopo, quando non vedi l’ora di lavarti di dosso ogni segno di contatto e passi lo straccio sul pavimento, sfregando con particolare accanimento lì dove stava seduto lui a tavola.
Diversamente, ci sono sere che vengono fuori dritte, prima durante e dopo. Uno pensa «È bello».
Quell’altro replica  «È bello».
Se è bello, uno ne vuole ancora.
Ma se dopo tre sere non succede più niente, allora ci si domanda che è successo.
Non c’è risposta.
Tu ne quaesieris, scire nefas…Tu non chiedere, è vietato sapere…lo dice Orazio, meglio lasciar perdere.
Ma lo dicono pure le canzoni: non c’è niente da capire (anche se si capisce benissimo, quello che c’è da capire).
Fine dell’Intermezzo 1.

Quadro II. – Clément e Marie-Jeanne. Lui è analista del Bureau per l’Iran. Lei si occupa della formazione degli agenti e ne è il referente. Diventerà caposezione della DGSE, ovvero dei servizi di spionaggio e controspionaggio.
È una donna lucida, intelligente, esperta, scaltra, con una voce magnifica ed è scaltramente e intelligentemente sempre in bilico fra fragilità e audacia.
Ha festeggiato da poco i suoi quarant’anni, l’abbiamo vista con la torta con le candeline.
(Io, questo vizio che hanno le donne di comunicare al mondo quando e come compiono gli anni, lo trovo nefando.
Accontentatevi delle apparenze, in fondo sono quelle che contano).

Clément e Marie-Jeanne

Clément e Marie-Jeanne sono colleghi d’ufficio e iniziano una relazione, cosa che io sostengo essere sempre una catastrofe, è la sindrome della gabbia dei conigli, quelle bestie, almeno, ci stanno chiuse dentro, le persone, uomini e donne, di solito possono andarsene in giro per il mondo a loro piacimento.
Infatti.
Infatti lui va in missione con un’altra e lei lo viene a sapere per vie traverse.
Quando lui rientra le dice che avrebbe dovuto rompere più chiaramente e che lui con le donne è una carogna.
Meravigliosa dichiarazione di intenti.
Seguirà che loro avranno ancora contatti, lavorano insieme, non sarebbe possibile diversamente, capita anche che lei in un momento di trionfo gli butti le braccia al collo e che lui le metta una mano sulla mano durante una riunione.
Lei sfila la mano da sotto quella di lui ma si capisce che il gesto la turba.
E vorrei vedere.

Inizio dell’Intermezzo 2. Prune ha vent’anni, mi piace molto, ha una magnifica frangia, è carinissima ed è sempre imbronciata.

Prune

Ha un dispiacere d’amore.
Lasciamo perdere che sia la figlia di Malotru, il protagonista.
Noi ci stiamo occupando di altro.
La Mule, l’angelo guardiano del Bureau, bravissima nei pedinamenti, nella tenerezza e nel cinismo, la fa parlare.

La Mule

Poi le dà la ricetta per farsi passare il dispiacere.
Si chiama Cosmopolitan e si beve.
Vi do anch’io la ricetta, non si sa mai:
Vodka 80 ml; Cointreau 30 ml; Succo di mirtillo rosso 60 ml; Succo di lime 30 ml.
Mettete tutto nello shaker con il ghiaccio, agitate, colate attraverso uno strainer nella classica coppa Martini.

Il Cosmopolitan

E ubriacatevi.
Io ci ho provato e funziona benissimo.
Fine dell’Intermezzo 2. 

Quadro III. – Raymond e Céline. Della nascita del sentimento di lei, quella con la faccia da Gioconda, abbiamo già parlato qui.
Poi siamo tornati sull’argomento.
Adesso succede che lui va in missione e si capisce molto bene che è attratto da una soldatessa curda.

Esrin

Quest’ultima inoltre è ferita da un cecchino e gli cade fra le braccia.
Lui la porta a Parigi, la ricovera nel solito ospedale e pensa di infiltrarla.
Céline si ingelosisce e i due hanno una discussione durante la quale lei gli fa notare che se lui non fosse stato attratto già da Mère Teresa, la giovane donna che ha accompagnato prima in Turchia, poi in Siria, lui sarebbe ancora intero, laddove invece ci ha rimesso un piede.
E adesso arriva la soldatessa.
Céline dà a Raymond del quetard, parola che io posso tradurre in un solo modo: puttaniere.
Lui trasecola e le dice ma che ti passa per la mente.
Ma dai.

Quadro IV. – Simon e Marina. Di loro abbiamo già parlato e qui la situazione è più sfumata.

Simon e Marina

Nel senso che li abbiamo visti a letto insieme, lui ha chiesto a lei se era solo sesso, lei non si sa che cosa abbia risposto ma che per una donna sia solo sesso, non so, a me sembra sempre improbabile, è difficile che tu ti faccia invadere il campo senza provare prima, durante o dopo uno straccio di sentimento.
Lei però parte in missione in Iran.
Quando ritorna lo cerca.
Lui la raggiunge ma le dice che sta andando a vivere con un’altra.
Lei tenta un approccio, lui si ritrae e dice che tutti i controlli che ha subito per raggiungerla lo hanno resettato.
(Adesso il verbo è diventato resettare).
Lei passa una brutta, brutta sera.
Si vede che lei sta male.

Quadro V. – Il y a quelque chose qui cloche. Nel senso che a questo punto io ho cominciato a spazientirmi. Ora, non è che io smetto di vedere la mia fantastica serie per motivi che mi sembrerebbero chiaramente ideologici, figuriamoci, sai che me ne importa.
Però qui, e anche là se contiamo Butterfly, che però al momento vorrei abbandonare al suo destino perché la sua vicenda, per quanto classica e paradigmatica, non è recente, qui, dicevo, dove c’è una storia la cui ultima Stagione è andata in onda nel marzo scorzo, mi pare di capire che si sostiene una tesi molto chiara: che tutte le donne sono fleur bleue e che tutti gli uomini sono puttanieri.
Fleur bleue significa romantiche, poetiche, tenere, sentimentali. Un po’ tonte, allocche, grulle, scimunite, babbee, citrulle.
Questa interpretazione dell’universo femminile mi sembra mancare di finezza.
Allora mi sono messa a ragionare.
Il creatore, regista e sceneggiatore della serie, è maschio.
Dunque è probabile che abbia messo in scena i suoi fantasmi.
Poi, chissà. Intanto cito Michele De Lucchi: «potrei ma non voglio», molto meglio di «vorrei ma non posso».
Insomma, sto insinuando cose di cui non sono al corrente.
Ma il creatore, lo dice lui stesso, ha un braccio destro e questo braccio destro è femmina.

Camille

Cioè è una giovane donna, molto in gamba, uscita da una delle scuole di cinema più importanti di Francia.
Lei lo aiuta nella sceneggiatura.
E allora, perché lei non ha dato un bel pugno sul tavolo dicendo no, qui si esagera, adesso si fa in modo diverso.
Ovvero: dato il livello di Marie-Jeanne, è lei che se ne va in missione con un altro e torna con aria distratta proclamando la sua buona fede e sostenendo che è andata a lavorare.
Dato lo splendore fisico di Céline, che ha vent’anni meno di Raymond ed ha entrambi i piedi attaccati alle caviglie, è lei che in missione conosce un soldatino, o, meglio, un soldataccio curdo e se lo porta a Parigi come ricordo.
Le attrici capisco che non avrebbero potuto farlo, un’attrice deve essere docile e ubbidiente, sono finiti i tempi di Greta Garbo, ma perché la sceneggiatrice non si è opposta e non ha proposto altro.
D’accordo, lui è il creatore, però lei avrebbe potuto minacciare di piantare lì armi e bagagli (la locuzione con questa gente è perfetta) e invitare il creatore a spostarsi da quella posizione alla Pinkerton su cui stava.

Quadro VI. – Fiori blu, puttane e puttaniere. L’altro giorno il direttore del supermercato mi ha detto che avrebbe fatto Natale da solo.
Ma come, non aveva una donna, tre donne, quaranta donne.
«Sono single», ha dichiarato lui.
Termine che io non uso mai ma che in bocca sua sta benissimo.
Io gli ho detto che lui è un uomo splendido e che gli amori vanno e vengono.
Lui, che è uno che ha fatto la terza media, ha cominciato a lavorare a quindici anni dietro il banco del pane, è disincantato, ottimo organizzatore,  capace di comandare tutti a bacchetta senza che nessuno si lamenti, lui mi ha detto: «Sì, ma quelli veri restano».
Non ce lo facevo, il tipo, romantico, poetico, tenero, sentimentale.

E, a ben guardare, nella serie c’è un’eccezione: il protagonista, Malotru.
Innamorato della sua siriana, che ha lasciato là dove stava, che ha ritrovato a Parigi e attraverso e per la quale vive una catena di vicende drammatiche e strazianti, ecco, lui non è un puttaniere.
Almeno finora, non ha avuto un solo cedimento.
Il suo sentimento è raccolto in un biglietto scritto in arabo che ha fatto arrivare a lei prima della sua partenza per una missione fatale:
Non era facile
Non era ragionevole
Non era morale
Non aveva futuro
Ma ne custodirò ogni momento per il resto dei miei giorni.
Eccomi disarmata.
Ed ecco quello che ha probabilmente capito meglio di me la sceneggiatrice: sono gli uomini a essere fleur bleue, basta che si presenti loro l’occasione, quella grande.

E in quest’ottica e alla luce di questi fatti, a noi donne che cosa resta, se non la possibilità, se proprio non ce la sentiamo di essere puttane, almeno di andare a vedere com’è essere puttaniere.

(Sto vedendo Le Bureau des légendes, sono arrivata quasi a metà, ovvero, ho attaccato da poco la Stagione 3 e, come sempre con le serie, ci sto infilata dentro e fatico a pensare ad altro.
Il creatore ci chiama Eric Ronchant.
Il suo braccio destro, che l’aiuta nella sceneggiatura, è una giovane donna che stimo molto e che si chiama Camille de Castelnau).