Tutti i sentimenti (page 3 of 7)

Il luogo, appunto, dei sentimenti: il dolore e la delusione, certamente, ma anche la felicità, la virilità (cioè l’orgoglio e la forza), la femminilità (cioè la seduzione e l’inganno), gli animali, sempre così importanti, certe volte i bambini, poi la nostalgia, il rimpianto, la lontananza, il viaggio, la gelosia, il riso, il pianto, il lavoro, la relazione con gli oggetti, la povertà e la ricchezza, dunque, il denaro. L’amore. La morte. La vita, no?

A MANI BASSE, prima parte

Berenice Abbott, Le mani di Jean Cocteau, 1927

…la sua mano sinistra che afferrava la bottiglia d’acqua, la sua mano destra che svitava il tappo.

Adeline Dieudonné, Chelly, nella Raccolta di racconti  «13 a tavola», pronta per il 2020

Credo di essere sopravvissuta alle interminabili riunioni nella stanza della Direzione in Accademia solo perché passavo il tempo guardando le mani dei colleghi.
Dei colleghi uomini, perché le mani delle colleghe donne avevano un differente impatto sulla mia fantasia.
1. Le mani del Direttore: eleganti, da intellettuale, esperte di origami, di cui vedevo i risultati
2. Le mani dell’artista, mobili, eloquenti, con all’anulare una fascetta in argento un po’ alta, che stava lì dall’altra parte della fede nuziale. Negli uomini non apprezzo nessun gioiello oltre a un orologio rigoroso e di pregio. Forse posso fare un’eccezione per dei braccialetti. Talvolta
3. Le mani del ghiottone, paffute, un po’ disarticolate, che volteggiavano nell’aria
4. Le mani dell’altro intellettuale, più asciutte, forse nodose, mi accorgo che non me le ricordo
5. Le mani dell’artista dei fumetti, lui sembrava Nettuno, avrebbero potuto benissimo impugnare un tridente

Alle donne piacciono le mani degli uomini.
Le capisco e sono pure d’accordo.

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A OCCHIO E CROCE, seconda parte


A misura d’uomo.
Una volta curo un corso propedeutico in Accademia e mi rendo conto che la misura delle scarpe è un dato privato, intimo, tu conosci che numero indossano solo le persone che ti stanno accanto.
Per non parlare dei bambini che crescono e che vedono il numero di scarpina aumentare continuamente.
Così in aula, quel giorno, per cominciare la lezione, cambio il nome a tutti, a cominciare da me stessa.
«Buongiorno, sono la Prof. 37».
E chiedo agli studenti di presentarsi.
Dunque, ecco il Signor 41, che sedeva accanto al Signor 43 e al Signor 44.
C’era poi la Signorina 38, come c’era la Signorina 42, che era una ragazzona, però mai avrei pensato che arrivasse a tanto.
Pure l’interprete cinese era una ragazzona, ma era la Signorina 35 e alla fine le ho dovuto chiedere se da piccola le erano stati fasciati i piedini, visto che la cosa mi sembrava astrusa.

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A OCCHIO E CROCE, prima parte

Il numero dei telefoni. Conosco parecchie persone che hanno due telefoni:
manager, affiancatori di politici, gente che ha un ruolo di qualche peso in un’azienda.
Si tratta di telefoni che chiamiamo qui di servizio.
Ho incontrato anche uno psicologo che aveva due telefoni. Mi ha detto che ce li aveva perché non voleva essere disturbato fuori orario dai suoi clienti.
Ha detto proprio così.
A me già il fatto che chiamasse clienti coloro che andavano da lui perché erano in uno stato di sofferenza e che, dunque, avrebbero meritato il titolo di pazienti, è sembrato incongruo.
Che poi lui non volesse essere disturbato da persone con dei disturbi che andavano da lui per curarli, mi è sembrato feroce.
Ma tant’è.
Anche il protagonista di Breaking Bad, che aggiunge al mestiere di professore di Chimica quello di cuoco di metanfetamina, ha due telefoni ed è proprio a causa di una sua sbadata ammissione che la moglie comincia a vederci chiaro. Oltre che per la quantità anomala di denaro che affluisce dalle loro parti.
Ma questo è un altro discorso.
Pure la mia domestica ha due telefoni: uno lo accende la notte. Ora, che cosa ci faccia con un simile armamentario questa donna che conduce un’esistenza semplice, io continuo a chiedermelo. Lei un paio di volte me lo ha spiegato, ma io non credo di essere del tutto entrata nel discorso.
Sta’ a vedere che la signora Gerardina ha una doppia vita, proprio come la Veronica del bel film di Kieslowski.
Contenta lei.


Una volta mi ha portata in aeroporto un tassista che aveva tre telefoni, tutti schierati sul cruscotto. È probabile che ne avesse anche un quarto nascosto da qualche parte. Privato.
Sì, perché i primi tre erano di lavoro.
A guardarlo guidare e rispondere in contemporanea, sembrava di stare davanti a una di quelle centraliniste che si vedono nei vecchi film, sapete, quelle con le cuffie, che continuamente attaccano e staccano spinotti sul pannello.
Un lavoro terribile.
Un po’ come quello del tassista, che invece di godersi l’autostrada, stava lì a gestire la sua multiforme attività, che non ho ancora capito in che cosa consistesse.
Lui era solo e aveva solo quella macchina.

Comunque ancora non vi ho detto che anch’io ho due telefoni.

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LA VITA SEGRETA DEI SENTIMENTI

Houdini, uno dei suoi trucchi

Da un pezzo ho adottato l’aggettivo parasentimentale.
Non è mio, bensì di un, chiamiamolo, amico, un pilota professionista, che così definiva ogni sua uscita con una donna.
Un po’ disilluso, ma eloquente.
Il termine l’hanno capito perfino i miei studenti, oddio, mica tutti, comunque, una delle ragazze, sveglia anche se da sgrossare, che si illuminò mentre spiegavo e disse «Sì, sì, come la parafarmacia».
Nella parafarmacia, tutto è organizzato come con i farmaci, ordine alfabetico, scatole, colori, tutto è liscio, ordinato, comprensibile, ma con niente ricetta medica, effetti collaterali ridotti e bel pacchetto, certe volte pure a pois o con motivo decorativo analogo.
Nei parasentimenti, tutto è un riflesso dei sentimenti veri, non sto dicendo una parodia, però ciascuno di essi, ciascun sentimento, è sostituibile con uno simile, ma privo di intensità e di sostanza.
Per niente impegnativo, transeunte, caduco, il più delle volte ben confezionato.
Su, su, che vuoi di più.

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SUL CORPO

Henri Matisse, Nudo rosa, 1935

Ho conosciuto donne che si trovano molto brutte e donne che si trovano molto belle…donne che hanno paura d’essere troppo grasse e donne che hanno paura d’essere troppo magre…

Natalia Ginzburg, Discorso sulle donne, 1992

L’altro giorno, per fare un esperimento, ho deciso di ossessionarmi con il corpo.
Per cominciare, mi sono pesata dieci volte, in ore diverse.
E già questo è demente, perché qualunque medico, dietologo, nutrizionista, ti dice di pesarti una volta a settimana o due volte al mese, se tu ti mangi un piatto di zucchine, quelle sono piene di acqua, quindi il peso aumenta ma si tratta di un effetto che definisco qui ottico, anche se ottico, scientificamente, non è.
Ma ci siamo capiti.
Comunque già tenere sotto controllo il peso ti porta all’ossessione del corpo.

Poi sono andata sul sito di una modella che seguo.
Uno dice perché segui una modella.

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WORKERS

Lewis Hine, Workers on the Empire State Building, 1930

Avevo uno zio, marito della sorella di mia madre, simpatico e possibilista.
Chirurgo in una cittadina della provincia piemontese, divertente, generoso, invitava tutte le estati i nipoti nella sua bella casa al mare sulla riviera ligure.
Lì, tutto era possibile.
Tutto quello che era vietato a Roma: fumare, andare a ballare, uscire con i ragazzi più carini della spiaggia.
A Roma la spiaggia non c’è, ma avete capito il concetto.
Lui raccontava spesso una storiella esemplare.
Una signora, un po’ corrucciata, dice: «I muratori non sono più quelli di una volta. Trent’anni fa, quando passavo, mi fischiavano tutti dietro».
Più complessa di quanto non sembri, la piccola narrazione non trova del tutto riscontro nella realtà.
Sto dicendo che i muratori non smettono di guardare le donne.
Che le donne sorridono ai muratori, buttano lì un «Ciao, come va» e che con loro scambiano quattro chiacchiere.
E i muratori lanciano loro occhiate eloquenti.

Altro che fischi.

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LA BALLATA DELL’AMORE NON CORRISPOSTO

George Grosz, Il malato d’amore, 1916

Passavo la sera seduto davanti allo specchio per tenermi compagnia

Cesare Pavese, Il  mestiere di vivere, 6 novembre 1938

La lampada circolare indica che l’ora è tardiva.
L’uomo calvo è vestito di un abito scuro, il gomito destro appoggiato al tavolo, ha in mano un bastone da passeggio.
Il braccio sinistro, senza forze, pende dalla spalliera.
Alla sua sinistra, la nostra destra, un cane è accucciato a terra accanto a due ossi.
Oltre a essi alludono alla morte anche la lisca di pesce su un tavolo accanto all’uomo e uno scheletro, in secondo piano.
Questa idea dirompente è ribadita dalla rivoltella che sta sotto il cuore rosso dell’abito dell’uomo: noi capiamo che egli soffre per un dispiacere d’amore.

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L’INVENTARIO, 24: C’È POCO DA RIDERE, seconda parte

Siete dei tooth-smiler?
Gli americani si sono inventati anche questo. Oltre al Californian White, un tono cromatico dei denti che non esiste in natura e che si raggiunge con lo sbiancamento, definiscono anche il sorriso per come appare.
Del resto, il mio odontoiatra quando ci conoscemmo passò più di un’ora a parlare con me, voleva sapere tutto, mi fece anche ridere, più di una volta.
Perché? Controllava la linea del sorriso, dalla quale dipende qualunque decisione lui prenda nei confronti di un paziente.
Con il mio odontoiatra continuo a parlare e a ridere parecchio.
E sono una tooth-smiler, ve lo dico subito.
A guardare la storia dell’arte, violo tutte le regole del decoro.
Infatti, in arte, sono davvero in pochi a mostrare i denti.

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L’INVENTARIO, 23: C’È POCO DA RIDERE, prima parte

Jessica e Roger Rabbit

Siate sempre lieti…lo ripeto, siate lieti

Lettera di San Paolo ai Filippesi, 4, 4

Sui mariti, io ho le idee chiare.
Ovvio che il Principe azzurro è il migliore di tutti: giovane, bello, ricco, bien élevé, e ci mancherebbe, sa stare a tavola, è innamorato, fedele, tutte lo vogliono ma lui vuole solo te, ha un avvenire brillante e una professione sicura.
Ci vuole così poco a maritare bene una donna.

Le idee chiare ce le ha anche Jessica Rabbit che rivela il motivo per cui ha sposato il coniglio: perché la faceva ridere.
Trovo questa dichiarazione geniale, soprattutto se uno pensa che un uomo capace di far ridere una donna di solito è giovane, quindi, pieno di promesse, poi però bisogna vedere se le mantiene; un uomo adulto, invece, che è già quasi sempre un autentico cordoglio, voi pensate solo ai problemi di lavoro che lo affliggono, di solito a farti ridere non ci pensa per niente.
Dunque, sembrerebbe, meglio i conigli, ma non ho esperienza.
Mi fido, però, di Jessica Rabbit.

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CHIARO DI LUNA CHE TINGE LA MIA SOLITUDINE

Vilhelm Hammershøi, Interno con donna al pianoforte, 1901

Mi piace dare consigli.
Do consigli soprattutto ai miei studenti, su quali romanzi leggere, che film vedere e che musei visitare.
Mi aspetto anche dei ringraziamenti.
Quando i miei studenti mi dicono che non vanno a vedere una mostra o all’opera perché non sanno con chi andarci e che, casomai, hanno passato una settimana a Londra senza incontrare i marmi del Partenone o il San Gerolamo di Antonello perché erano con degli amici ai quali dell’arte non importa niente, racconto loro una mia storiella personale.
Dalla quale esce fuori che a me piace anche ricevere consigli e che una volta, in uno stato di disorientamento e confusione totali, ricevetti il consiglio, il migliore della mia vita.
A me, che sono una persona socievole e comunicativa e che avevo conoscenze e contatti che, come spesso accade, assomigliavano a una giostra, sulla quale si sale e dalla quale si scende secondo il capriccio e l’umore, qualcuno di lucido, un po’ freddo, a suo modo illuminato, disse: fai l’esperienza totale della solitudine.
Era anche morta la mia ultima gatta.
Volevo prenderne un’altra.
Ti suggerisco di aspettare, mi disse la persona lucida, fredda, a modo suo illuminata.

Fu così che ora ho i pesci rossi.

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